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Marta Cristofanini

Cantico dei Cantici


Il coreografo toscano, ideatore e curatore dell'Atlante del gesto, progetto coreografico territoriale che ha coinvolto moltissimi cittadini genovesi gli scorsi inverno e primavera, torna nel capoluogo ligure per presentare una nuova produzione dedicata alla sensualità primordiale dei corpi: il Cantico dei Cantici riscritto da Virgilio Sieni è una genesi del desiderio incentrato sulla scoperta del movimento e del corpo dell'Altro. Ne scrivo in “anteprima”, avendo avuto occasione di assistervi a Rovereto, presso l'Auditorium Melotti.

La scena è spoglia, disabitata prima e iniziata dopo dalle note di un contrabbasso; un ovale di luce disegna uno spazio caldo, uterino, dove i movimenti dei danzatori si raccolgono ben delimitati, benché si contaminino in continuazione anche con la notte scenica circostante, che come una quinta raccoglie e restituisce i corpi alla luce. I corpi, questi protagonisti: sì, perché le vive creature in moto perpetuo che ondeggiano davanti ai nostri occhi hanno un sapore primordiale di nascituri, di chi ancora non conosce la consistenza della superficie del proprio corpo e deve sperimentare, deve capire, deve risolversi. E dal magma indistinto iniziale ci sarà un continuo procedere verso la scissione, il raggruppamento, la verticalità, resa potentemente in scena come faticosa e rigida conquista. I danzatori infatti si mantengono sempre su di un livello basso, per lo più orizzontale; i movimenti sono basculanti e continuamente auto-contrastantesi: la spinta in una direzione viene sempre controbilanciata inversamente in un costante tentennamento di scoperta e timore.

Nonostante la ricerca dell'erotismo come elemento chiave, che contraddistingue anche le opere dichiaratamente di ispirazione per lo spettacolo – dal Cantico di Salomone dell' Antico Testamento al De rerum Natura lucreziano – è piuttosto un asessuale confronto di corpi quello a cui si assiste, dove il femminile e il maschile ancora non sono emersi e prevalsi nelle loro reciproche differenze: il movimento è omogeneo, fluido e rende indistinguibile qualsiasi tensione sessuale. Più che calamitosa attrazione ciò che mi è stato restituito è un geometrico ragionare in movimento, dove vi è un continuo dialogo speculare tra corpi simili ed alieni al tempo stesso, attraverso ingenui tentativi di conoscenza delle proprie e altrui forme, ostacolati dalla mancanza di un linguaggio comune al di fuori di quello fisico parlato da un corpo ancora estraneo. Un istinto non addomesticato ma tutto sommato tiepido spinge le figure ad un'oscillazione quasi meccanica che sembra non conosca stasi.

La titubanza appassionata di questi dialoghi che da abbozzati si fanno sempre più decisi ed audaci è la chiave attraverso cui ho letto il Cantico, privo di passione matura ma tuttavia denso di corpi ermafroditi (nel senso platonico del termine), indecisi ed indecidibili, mischiati al fango da cui provengono, marionette di un destino biologico ancora da realizzarsi e che li muove come nottambuli attraverso il sonno del mondo.

Elementi di pregio: L'indiscussa fascinazione che i talentuosi danzatori esercitano sul pubblico, la sferzante musica di Daniele Roccato dal vivo.

Limiti: L'aspettativa riguardante uno spettacolo sull'origine del desiderio e dell'incontro tra corpi primigeni viene frustrata dal realizzarsi di una prospettiva più algida e concettuale.

Coreografia: Virgilio Sieni

Coproduzione: Festival Aperto / Fondazione I Teatri di Reggio Emilia / Compagnia Virgilio Sieni

Interpreti: Claudia Caldarano, Luna Cenere, Riccardo De Simone, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Davide Valrosso

Musiche originali eseguite dal vivo dall’autore: Daniele Roccato (contrabbasso)

Luci: Mattia Bagnoli

Costumi: Elena Bianchini Visto il 14 ottobre 2017 alll'Auditorium Melotti, Rovereto

oca, oche, critica teatrale
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