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Marco Gandolfi

Tempesta | Armonia


L'idea di tradurre un testo shakespeariano in balletto non è certo una novità. Senza scomodare citazioni più impegnative, è abbastanza semplice trovare in cartellone un Romeo e Giulietta: la fecondissima inventiva del Bardo ha dato luogo a infinite riletture ed esperimenti, caso forse unico nel panorama teatrale. La Tempesta, da cui AterBalletto ha tratto la quasi omonima opera in questione, è una scelta tutto sommato seducente: se è pur vero che l'intricata vicenda si presta a profonde letture simboliche - d'altronde in Shakespeare ritroviamo spesso questa proprietà frattale nel discorso interpretativo -, la sua ambientazione fantastica e la vicenda dinamicamente ricca offrono ampio materiale traducibile in danza. Gli elementi drammaturgici originari sono sfoltiti e semplificati per concentrazione: i personaggi sono ridotti all'essenza per mantenere la simbologia di fondo del confronto tra Natura e Cultura che attraversa l'opera. L'intervento più appariscente e funzionalmente riuscito ai fini della danza, è la trasformazione di Calibano in corpo (tribale) collettivo da cui emerge, a seconda della scena, l'incarnazione individualizzata di un singolo ballerino/personaggio. Questa invenzione è decisiva per la lettura dell'operazione: Calibano è al tempo stesso l'insondabile spinta vitalistica irriducibile e il riflesso della censura culturale. Le diverse sequenze di avvicinamento erotico con Miranda bene lo testimoniano: l'intervento finale di Prospero per "salvare" la figlia è interpretabile quindi anche come la definizione di un potere. Fondazione patriarcale e affermazione della Cultura allo stesso tempo? Oppure provvidenziale tracciamento di confini? Il balletto suggerisce domande, non risposte. Probabilmente le contiene entrambe.

I danzatori di Aterballetto in Tempesta

La ricca modulazione del testo shakespeariano è resa con ampia dinamica dai danzatori e dall'alternarsi delle sequenze. Ammirevole è la definizione psicologica dei personaggi, Prospero su tutti. Le musiche originali sono particolarmente efficaci nella tonalità tribalistica, meno negli accenti lirici. La splendida scena del naufragio ben riassume i meriti di questa messinscena: il corpo di ballo incarna un mare in tempesta nel suo caotico e pauroso avanzare assediando la piccola zattera di Prospero. Dopo un crescendo efficace, la quiete della spiaggia dell'isola di arrivo è suggerita dai corpi abbandonati dei ballerini.

Asciutto e compatto nell’espressione narrativa, elegante e ricercato nei movimenti, abbacinante come la luce riflessa dagli specchi nella scena d’apertura, sottile nella sua indagine psicologica; Tempesta riesce allo stesso tempo ad omaggiare l'altissima vetta dell'originale testo teatrale, e come questo a celebrare l'arte attraverso cui si esprime. Come Ariel liberata dall'albero, la sua visione ci (ri)porta a un universo di poetica armonia. Elementi di pregio: l'alta cifra stilistica complessiva e la visione fedele della poetica originaria. Limiti: purtroppo finisce.

Visto al Teatro Nazionale di Genova giovedì 6 dicembre 2018. Produzione ATERBALLETTO, CTB CENTRO TEATRALE BRESCIANO Coreografia Giuseppe Spota Musiche originali Giuliano Sangiorgi Drammaturgia Pasquale Plastino Consulenza critica Antonio Audino Interprete Compagnia Aterballetto Scene Giacomo Andrico Costumi Francesca Messori Luci Carlo Cerri

oca, oche, critica teatrale
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