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Massimo Milella

Questi Fantasmi | Sulla Fiducia


Alla fine del dramma di cui è protagonista, Pasquale Lojacono, sul balcone stile Seicento del suo antico appartamento stregato, senza più luce né acqua, indebitato fino al collo e solo, mostra al suo invisibile dirimpettaio, il professor Santanna, un grosso mazzo di bigliettoni da mille lire, stringendolo commosso tra le mani, come se fosse la cosa più preziosa della sua vita.

L'istantanea del personaggio, sobriamente interpretato dal rispettoso Gianfelice Imparato, è disperata.

Ma un motivo c'è. Quei soldi a Pasquale servivano eccome e proprio quando stava per perdere il senno, il suo fantasma benefattore, che per tutta la commedia lo aveva foraggiato con generose offerte e che all'improvviso non era più apparso lasciandolo in rovina, era finalmente tornato per l'ultima volta. Un ultimo lascito per ringraziarlo di averlo liberato dalla sua centenaria condanna di anima dannata. Ma adesso, una volta libero, non sarebbe comparso mai più.

Pasquale racconta l'accaduto al professor Santanna: d'ora in poi, dovrà cavarsela da solo, senza fantasmi. A meno che.

A meno che, gli suggerisce il suo dirimpettaio, non udito da altri che da lui, quello spettro generoso non torni un giorno sotto altre sembianze.

Pasquale, dopo aver pensato a questa possibilità, si illumina e prorompe in un esilarante e insieme straziante "Speriamo".

Ma il prof. Santanna e il pubblico hanno visto per tutto il tempo un'altra storia.

La casa, tanto per cominciare, non è infestata da alcun fantasma, gli oggetti spariscono solo perché il portiere è un ladruncolo e il famoso spettro benefattore della cui esistenza Pasquale sembra assolutamente convinto è Alfredo, l'amante di sua moglie Maria. I soldi che Pasquale si ritrovava di continuo e misteriosamente nella giacca e che gli consentivano di assecondare il proprio desiderio di trasformare quella casa stregata in una pensione decorosa per turisti,erano di fatto donati dal suo rivale d'amore e facevano parte di un perverso piano di Alfredo e Maria per continuare a vedersi clandestinamente.

La realtà, insomma, è banale, misera, provinciale e dalla platea, ovvero dal balcone del professor Santanna, di questa realtà si può ridere amaramente.

Ma la domanda che tiene viva l'attenzione di tutti, personaggi e pubblico, è, da oltre settant'anni, sempre la stessa: Pasquale Lojacono i fantasmi li vede davvero?

E così, ancora una volta senza risposta, il sipario cala sull'ennesima messa in scena di Questi fantasmi, una delle prime importanti drammaturgie di Eduardo, certamente la prima che gli consentì di rappresentare una sua opera fuori dai confini italiani, pensata durante la guerra, scritta alla sua conclusione e rappresentata nel 1946 sul palcoscenico di un'Italia distrutta, bombardata, ancora incapace di affrontare il trauma del ventennio fascista.

Un paese che preferì credere ai fantasmi benefattori, ai cambiamenti improvvisi della storia disegnata dai nuovi vincitori, alla ricostruzione promessa e imminente, anziché vivere la più naturale sofferenza di un confronto oggettivo e duro con la realtà.

A portarla in scena, ospite del Teatro Nazionale di Genova, è la Compagnia Elledieffe fondata dal compianto Luca De Filippo, figlio di Eduardo, raffinatissimo interprete delle sue commedie e non solo. I fantasmi evocati dal regista Marco Tullio Giordana costituiscono l'elemento di spicco della sua firma. Questi spettri infatti assumono le sembianze di umanissimi racconti di violenze sessuali, evocate dalla brava Carmela / Viola Forestiero, la sorella del portiere, un ruolo non facile, a rischio di eccessiva caratterizzazione,traumatizzata da uno sconosciuto sul terrazzo di casa; di menzogne create ad arte dal portiere Raffaele / Nicola Di Pinto apposta per giustificare i suoi furtarelli e raggiri; di vigliaccheria a cui, di fatto, si presta Alfredo / Massimo De Matteo, l'amante che, colto in flagrante da Pasquale nel primo atto, recita da quel momento per tutto il tempo la parte del fantasma, senza mai il coraggio di dirgli finalmente e apertamente chi è davvero.

In Questi fantasmi nessuno parla, sono tutti reticenti, usano metafore, doppi sensi, artefici, comodi rifugi del linguaggio, i personaggi si vergognano, si nascondono, i dialoghi sono travestimenti di paure profonde, il silenzio dell'orgoglio ammanta l'ambiente scenico, archi e pareti color crema, disegnate e illuminate dall'eccellente Gianni Carluccio: l'allucinazione è verbale, i fantasmi sono le parole stesse.

Allestire Questi fantasmi di Eduardo per Elledieffe rappresenta qualcosa di più di un sentimento di fedeltà a un grande classico: è un atto di fiducia nei confronti di un testo vivo, che contiene tutto, la violenza, la volgarità, la dolcezza, senza che mai la retorica neppure si affacci da nessuno dei sessantotto balconi della casa di Pasquale Lojacono.

Per questo in scena non s'insinua mai la tentazione di rompere i delicati – e collaudati – equilibri del dramma, troppo ricchi i tessuti umani dei personaggi, troppo lontani i rischi di stereotipare la recitazione, tutto viene naturale, con la stessa fluidità irrazionale delle favole, la stessa irrinunciabile e accettabile insensatezza dei sogni, la stessa sanguigna credibilità che potrebbe avere oggi un testo, per fare un esempio, di Paravidino,.

La dolcezza di una lingua napoletana ormai antica, poi, impreziosisce certe espressioni che in italiano risulterebbero forse farraginose e salva l'opera dal suo invecchiamento precoce.

E noi? Il nostro ruolo, doppio, di pubblico e di professor Santanna, è quello di sospendere ogni giudizio, di restare alla finestra e, coraggiosamente, di guardare la realtà, così com'è.

Eduardo, ancora una volta, è il punto di unione ideale tra il teatro di tradizione e quello di ricerca.

La tradizione, perché se non fossero mai nati lui, Pirandello – e forse Fo – non avremmo un repertorio di "classici" in Italia dopo Goldoni.

La ricerca perché la sua lezione drammaturgica è di una contemporaneità impressionante: il futuro di Pasquale è la sua allucinazione, la sua illusione.

Com'è perfetto, com'è doloroso, come lo conosciamo bene oggi il suo "Speriamo".

Elementi di pregio: la decadenza appena suggerita delle scene, illuminate con dolcezza; il coraggio di regia e interpreti nell’affrontare Eduardo con la consapevolezza che il testo sia ancora vivo.

Limiti: incarnare i protagonisti delle commedie di De Filippo è sempre una prova durissima per un interprete. Gianfelice Imparato è efficace solo quando trova un suo personale modo di essere Pasquale Lojacono senza ricordare, nei tic e nei cliché, il grande Eduardo.

Nell'espressione del dubbio, quindi, nell'ambiguità delle parole, nell'allucinazione, Imparato è elegante e vero. Nella manifestazione della paura, degli spaventi, dell'angoscia, invece, forse appaiono il corpo, il gesto, lo sguardo di Eduardo, purtroppo - per chiunque - inimitabile.

Questi fantasmi

visto al teatro della corte il 30 gennaio

di Eduardo De Filippo

regia Marco Tullio Giordana

con Gianfelice Imparato, Carolina Rosi, Nicola Di Pinto, Massimo De Matteo, Paola Fulciniti, Giovanni Allocca, Gianni Cannavacciuolo, Viola Forestiero, Federica Altamura, Andrea Cioffi

scene e luci Gianni Carluccio

costumi Francesca Livia Sartori

musiche Andrea Farri

produzione Elledieffe – La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo

oca, oche, critica teatrale
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