Voce autorevole del territorio spezzino, Andrea Cerri è uno dei direttori artistici di Fuori Luogo Festival, direttore del Teatro degli Impavidi di Sarzana, oltre che presidente e direttore artistico dell'Associazione Culturale Gli Scarti.
Le sue risposte risalgono al 7 maggio 2020.
1) Da un punto di vista umano, cosa ha significato per te la chiusura dei teatri? Come stai vivendo questo periodo di serrata a livello personale?
Per la nostra realtà la chiusura non ha determinato solamente la serrata dei teatri e l’annullamento degli spettacoli delle stagioni in corso (Teatro degli Impavidi e Fuori Luogo La Spezia), ma l’interruzione di tutti i nostri progetti di produzione con spettacoli che dovevano debuttare in importanti festival come Romaeuropa, Armunia, Colline Torinesi; dei progetti con le fasce “deboli” (come il progetto nazionale Per Aspera ad Astra con i detenuti; il laboratorio d’integrazione tra persone con diverse abilità; il progetto No Recess con oltre 60 studenti delle scuole superiori); i laboratori e corsi con bambini, adolescenti, adulti e anziani al Dialma – cantiere creativo urbano.
Di fatto, si è dovuta interrompere bruscamente una parte di vita sociale e culturale della nostra comunità e del nostro territorio, lasciando purtroppo “sole” tante persone e senza lavoro decine di professionisti.
Le prime sensazioni sono state di impotenza, di grande incertezza e soprattutto di grande preoccupazione per queste persone e per i nostri dipendenti (13) e collaboratori (oltre 20) e le loro famiglie.
In questa situazione di sospensione abbiamo scelto di non riversare sul web video e performance live di artisti colti da un improvviso “vuoto” produttivo ed esistenziale, ma abbiamo preferito essere “silenziosi”.
Silenziosi ma non inoperosi, e dunque riflettere, studiare, discutere, immaginare un futuro, ripensando al ruolo che il nostro settore potrà avere oggi e domani nelle nostre comunità. Abbiamo scelto di usare gli strumenti del web non per “esibirci”, ma per proseguire – grazie alla generosità dei nostri attori, educatori, tecnici - ad avere un rapporto artistico, ma soprattutto umano, con i gruppi dei nostri laboratori, con le centinaia di persone con le quali quotidianamente siamo in contatto, seppur a distanza e seppur mediato da uno schermo: bambini, anziani, studenti delle scuole superiori, disabili, detenuti. Pensiamo che oggi il nostro compito possa e debba continuare ad essere quello di un servizio pubblico alla comunità.
Un periodo anche di riflessione dunque, dal quale risulta evidente come questa crisi abbia solo messo in luce i problemi e le disfunzioni di cui già soffriva la Cultura e il sistema dello spettacolo dal vivo in Italia: la scarsità dell’investimento pubblico, l‘assenza di tutele per i lavoratori, la “marginalità” nel dibattito pubblico, l’iperproduttività e l’asimmetria tra offerta di spettacoli e domanda da parte dei teatri e da parte di un pubblico sempre più ristretto e anziano, l’eccessivo peso dei parametri quantitativi rispetto a quelli qualitativi, un mancato ricambio generazionale soprattutto nei ruoli apicali, il senso stesso del teatro come servizio pubblico.
In questo senso trovo azzeccato per il nostro settore, il rovesciamento dello slogan leit-motiv di questa emergenza: “non andrà tutto bene, se andrà tutto come prima”.
2) Sapresti quantificare - in termini economici o con altri parametri oggettivi - la perdita subita (da te personalmente e/o dal gruppo in cui lavori) da quando è iniziata questa chiusura?
Non possiamo ancora quantificare in maniera precisa le perdite effettive di questi mesi di inattività, non avendo ancora indicazioni certe su come verranno erogati e quantificati i finanziamenti del FUS per il 2020, non potendo ovviamente rispettare i parametri quantitativi messi a preventivo.
Sicuramente saranno perdite ingenti soprattutto dal punto di vista del fatturato (cachet di spettacoli con tournée saltate, mancati servizi tecnici erogati a terzi, mancati affitti esterni degli spazi che gestiamo, mancate entrate dalla bigliettazione degli spettacoli, mancate entrate da formazione e workshop).
Per quanto riguarda i nostri lavoratori, abbiamo chiesto per tutti gli ammortizzatori del Fondo d’integrazione salariale, una sorta di cassa integrazione che per il momento copre parte degli stipendi fino ai primi di maggio; molti dei nostri collaboratori occasionali, molti degli artisti che produciamo, dei tecnici, del personale di sala dei teatri che gestiamo, dei professionisti che impieghiamo nei progetti speciali, sono rimasti senza alcuna tutela. La nostra organizzazione sta cercando, compatibilmente con i conti già in sofferenza, di venire incontro alle situazioni più difficili di mancanza di reddito per questi lavoratori, che spesso hanno famiglie a carico.
La situazione è dunque molto impegnativa e, come detto in precedenza, riflette una debolezza del sistema che era già presente prima di questa crisi.
3) Qual è concretamente la situazione attuale? Cosa si sta muovendo, quali sono le prospettive?
Quella attuale è una situazione di attesa, di riflessione ma anche di produzione di “pensiero”
Dal punto di vista artistico a livello nazionale ci si confronta, si dibatte, e in alcuni casi si sperimentano nuove modalità di produzione e fruizione, si ragiona sul rapporto con le tecnologie e il web, e su come questo rapporto potrà influire sui linguaggi, sulle estetiche, sulle nuove drammaturgie, con la consapevolezza che nessuna piattaforma online nessuno streaming potrà mai sostituire interamente la natura stessa del nostro lavoro, ovvero quella di essere “dal vivo”, di vivere della relazione - anche e soprattutto - fisica, della compresenza in un tempo e in uno spazio “fuori dall’ordinario”, di artisti e pubblico.
Dal punto di vista organizzativo si pianificano piani A, B, C e D da attuarsi a seconda dell’evolversi della situazione.
Stiamo attendendo indicazioni da parte del Governo per una seppur limitata riapertura delle nostre attività, speranzosi che la situazioni si sblocchi il più velocemente possibile. Tuttavia rimane prioritario dal nostro punto di vista garantire la sicurezza sanitaria per il nostro pubblico e per i nostri lavoratori.
Per questo auspichiamo che ci vengano indicati protocolli igienico-sanitari chiari e sicuri, in attesa di un ritorno alla normalità, che temiamo sia ancora lontano nel tempo.
Auspichiamo ad esempio di poter riprendere le attività che non prevedono la presenza di pubblico (prove, laboratori, attività delle maestranze di scenografie, costumi, allestimenti tecnici etc).
Dal punto di vista politico-sindacale, purtroppo, è stata necessaria una crisi di questa portata per far comprendere a molti lavoratori e a molte imprese del nostro settore quanto sia importante avere una rappresentanza d’interessi che possa incidere sui decisori politici, quanto sia importante e decisivo pretendere contratti regolari e il rispetto della dignità dei lavoratori, non sottovalutare il tema dei diritti e del rispetto delle normative, archiviando le “cattive pratiche” di cui spesso il nostro settore si è reso corresponsabile.
E’ un periodo di fermento e di dibattito, prova ne è il fatto che le associazioni di rappresentanza stanno aumentando gli iscritti e stanno nascendo appelli e iniziative spontanee di rivendicazione.
Tuttavia credo che manchi ancora una piena consapevolezza e un’identità forte di settore, che permetta iniziative congiunte tra imprese e lavoratori per ottenere adeguate tutele e adeguati finanziamenti.
Credo che sia fondamentale un’iniziativa unitaria, pur nel rispetto delle autonomie e dei rispettivi interessi, al fine di avere una maggiore forza contrattuale per un settore che soffre di un’assoluta debolezza dal punto di vista politico.
Un’iniziativa però che coinvolga oltre alle associazioni di categoria anche studiosi, accademici, operatori e artisti illuminati e che non abbia le caratteristiche solo di una rivendicazione “sindacale” per un periodo emergenziale, ma che produca “visioni” per un nuovo paradigma, per un nuovo sistema futuro.
Oggi più che mai, muoversi in ordine sparso, avere atteggiamenti settari e particolaristici, o di difesa del proprio orticello, non può che portarci ad un’ancora più profonda marginalità nel dibattito pubblico e politico, e a un futuro ancora peggiore.
4) Come pensi che le istituzioni (Stato, Regione, Comune) dovrebbero agire in questa fase?
Penso che alcune risposte e alcune misure del Governo per affrontare l’emergenza siano state positive anche se ancora parziali: l’estensione della cassa integrazione straordinaria alle imprese dello spettacolo, il bonus INPS - che tuttavia non copre tutti i lavoratori, lo stanziamento di risorse per gli enti extra-Fus, e la promessa di mantenere i contributi Fus nonostante l’impossibilità di rispettare i parametri, la possibilità di accedere ai finanziamenti delle banche garantiti dallo Stato etc etc. Saremmo disonesti a dire che non si stanno prendendo misure importanti e fuori dall’ordinario.
Tuttavia proprio mentre rispondo a queste domande, leggo che in Francia è uscito il Piano per la Cultura presentato direttamente dal Presidente della Repubblica Macron. Mentre in Italia si dibatte sulla Netflix della Cultura, la Francia mette al centro della sua azione di rilancio dell’intera economia del Paese, con ingenti investimenti, proprio la Cultura, la creatività, gli artisti. Mi sembra sia palese la differenza di impostazione.
Per tornare a noi, credo che la misura più urgente sia quella di estendere ulteriormente le tutele per i lavoratori fin quando le nostre attività non potranno riprendere, e ripensare ad un sistema universalistico di tutela.
Credo però che anche da noi sia necessario uno sforzo ulteriore per il futuro: quando l’emergenza sanitaria sarà finita, e si dovrà ricostruire il Paese e i suoi territori, credo che l’investimento pubblico nella Cultura (ma anche nella Sanità, nell’Istruzione, nella Ricerca) dovrà essere al centro di un’azione di ripensamento globale delle nostre società.
Per questo motivo credo sia necessaria proprio in questo momento storico un’iniziativa unitaria e “visionaria” del nostro settore, che ponga le basi per proporre un nuovo paradigma.
Ugualmente a livello regionale, auspichiamo che la Cultura torni ad essere un tema centrale di dibattito anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.
Migliorare e ripensare un sistema culturale regionale che ha la fortuna di avere alcune delle istituzioni più importanti del Paese (Teatro Carlo Felice, Teatro Nazionale di Genova, Palazzo Ducale) e una vivacità del tutto peculiare sul fronte teatrale del contemporaneo con realtà importanti e riconosciute (Teatro della Tosse, Balletto Civile, Fuori Luogo, Scarti, Kronoteatro, Akropolis, Scena Madre), ponendo le basi per una legge regionale sullo spettacolo - sul modello di quelle di altre regioni italiane che hanno dato ottimi risultati – può essere uno dei motori del rilancio delle nostre comunità e della nostra regione.
Il premio Nobel Joseph Stiglitz in questi giorni, in maniera paradossale ha scritto “non dobbiamo sprecare le crisi”. Credo che questa crisi, questo tempo sospeso, questa interruzione forzata, possa generare (assieme ai drammatici eventi che abbiamo vissuto e alle drammatiche difficoltà che vivremo), anche qualche seme per un pensiero nuovo.
Cerchiamo anche noi, nel nostro piccolo, di non sprecarla.
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