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Marco Gandolfi

Bestie di Scena | Arte dei Corpi


«Nessuno di noi è nel corpo che l’altro ci vede, ma nell’anima che parla chi sa da dove, nessuno può saperlo: apparenza tra apparenza… Un corpo è la morte: tenebra e pietra. Guai a chi si vede nel suo corpo e nel suo nome.» È con questa citazione da Pirandello che Emma Dante apre il suo breve saggio su genesi e significato di Bestie di Scena, sorprendente successo alla sua seconda stagione. L'originalità dello spettacolo non sta tanto nell'indagine centrata, appunto, tra il corpo e l'anima, l'apparenza e la maschera. E neppure nell'esito - un riconoscimento dell'irriducibile scarto della rappresentazione rispetto all’essenza del reale; bensì nelle modalità: una decina di attori su un palcoscenico completamente spoglio, che recitano integralmente nudi, senza parole. Del dispositivo teatrale rimangono i suoni, le luci e i corpi, quindi comunque un’immensità espressiva, come lo spettacolo ben dimostra. Bestie di Scena rende problematico l'uso della parole "attore" e "recitazione"; la stessa Dante rivela come in origine la sua idea fosse quella di raccontare il lavoro dell'attore, il suo esercizio verso l'abbandono, l'adesione senza vergogna ad altro da sé. Portando alle estreme conseguenze questa indagine si è ritrovata con la sua squadra ai corpi nudi, all'assenza di parola, al dato irriducibile che va oltre la distinzione attore/personaggio e attore/spettatore e mette in crisi il concetto stesso di recitazione. Il risultato è una messinscena che prova a negare se stessa, quasi un ibrido tra rito catartico e performance di body art. L'esibizione è qualitativamente molto raffinata sia nella dinamica di gruppo - a più riprese i corpi, in moto all'unisono, sembrano formare un unico organismo, generatore dei propri suoni tra piedi che battono e mani che schioccano -, sia nei pezzi di bravura solisti. Si evoca ogni cosa: il gioco, la guerra, l'amore, la morte, con un’economia di mezzi ammirevole che trova nel lavoro di Cristian Zucaro alle luci una riuscita particolarmente felice. L'elemento della nudità integrale, che ha probabilmente aiutato a creare un interesse mediatico aggiuntivo, è usato in maniera tutt'altro che scandalosa. Emma Dante cita il dipinto di Masaccio sulla cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso come fonte di ispirazione originaria; ma qui non pare esistere colpa, né caduta, forse neppure Eden: solo i corpi e una scena che non è tale. Quindi, più che il teatro, il mondo. Elementi di pregio: ampissima capacità espressiva con massima economia di mezzi. Limiti: nessuno. Visto al Piccolo Teatro Strehler il 16/05/2018. ideato e diretto da Emma Dante con Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Viola Carinci, Italia Carroccio, Davide Celona, Sabino Civilleri, Roberto Galbo, Carmine Maringola, Ivano Picciallo, Leonarda Saffi, Daniele Savarino, Stephanie Taillandier, Emilia Verginelli, Marta Zollet Daniela Macaluso, Gabriele Gugliara elementi scenici Emma Dante luci Cristian Zucaro coproduzione Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Biondo di Palermo, Festival d’Avignon

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oca, oche, critica teatrale
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