Mi trovo al MAD Bar dopo lo spettacolo, al primo piano della Maison de la Danse di Lione, guardando fuori dalle vetrate illuminate in direzione della collina della Basilica di Fourvière. Un cocktail con gli artisti organizzato in occasione della prima rappresentazione di Deep River, del coreografo statunitense Alonzo King. Penso al fatto che il Direttore del teatro, Tiago Guedes, poche ore fa ha accolto il pubblico sotto il palco presentando lo spettacolo come un balletto raffinato e sensuale, con una scrittura coreografica di grande precisione ed eleganza.
La compagnia di danza contemporanea LINES Ballet ha pienamente soddisfatto le attese, portando in scena una qualità di composizione coreografica particolarmente dinamica, ma accurata e sofisticata. I toni naturali del marrone e dell’ocra, nei costumi e nelle luci, propongono allo spettatore una sensazione incredibilmente contraddittoria: di morbidezza e affanno. I corpi dei dodici interpreti che appaiono sul palco sono perfetti: pulsano, bellissimi ma isolati, veicolando un malessere diffuso. I movimenti armonici, complessi e delicati, si alternano a vibrazioni scoordinate e mani che si stringono intorno alla gola. Il flusso del movimento è sostenuto dal tono solenne, meditativo e profondamente emotivo della musica kaddish della liturgia ebraica (Ravel) e da risonanze africane. Poi arriva la voce gospel di Lisa Fischer, sulla partitura di Jason Moran, che porta nella sala il respiro e i vocalizzi vellutati dello spiritual e del jazz, soprattutto nel brano Deep River, celebre spiritual afroamericano.
I corpi dei danzatori, statuari, altissimi, dicono allo spettatore che siamo di fronte a una compagnia americana: forte fisicità, muscoli disegnati, arti lunghissimi. Li abbiamo quasi sempre tutti insieme presenti sulla scena, avvicendandosi in assoli o passi a due. La purezza dei movimenti e la tecnica del balletto classico producono emozioni complesse e momenti intimi. L’utilizzo delle punte compare nella seconda parte dello spettacolo, dapprima una sola danzatrice all’interno del corpo di ballo, poi due, poi tre, infine quattro. I costumi, semplici, dai colori caldi, accompagnano le linee e le intenzioni generate dai danzatori. Dal nome della compagnia, LINES, le linee sono presenti ovunque, sono l’organizzazione visibile di tutto ciò che ci circonda.
Riemergendo dalle riflessioni, torno con lo sguardo al Cocktail Bar e lo vedo. Alonzo King è un settantenne inconfondibile, per il suo cappellino da baseball, lo sguardo aperto e sorridente. Ed è così che lo avvicino e mi faccio raccontare la concezione dello spettacolo, originale e visionario, che è avvenuta – come noto – durante la pandemia. Mi racconta della collaborazione a distanza con i musicisti, Lisa e Jason, che hanno composto le musiche contemporaneamente alla creazione coreografica. E del privilegio di vivere isolato, con il gruppo dei danzatori riuniti in un ranch, nel deserto dell’Arizona, per tutto il tempo delle prove. Della concentrazione altissima che questa modalità pandemica di lavoro ha concesso.
Gli chiedo che cosa apporta questa produzione, che cosa c’è di diverso rispetto alle coreografie realizzate in precedenza. Senza esitare, risponde: This is about how to overcome obstacles. Questa rappresentazione contiene tutta la resilienza che è stata necessaria per superare la pandemia, per trovare la forza di non lasciarsi andare. E sottolinea che per superare una sfida, talvolta bisogna essere capaci di reinventarsi e di cambiare. Come quando nasce un figlio, aggiunge: cambiare è necessario. L’amore ci permette di trovare la forza e la determinazione per far fronte alle difficoltà.
In questo martedì di inizio novembre, nella serata che precede l’esito delle elezioni presidenziali americane, il LINES Ballet di San Francisco realizza un totale successo di pubblico, con la sala esaurita e il pubblico in piedi per gli applausi. Sancisce, se ce ne fosse bisogno, l’intelligenza compositiva e la sensibilità estetica del grande Alonzo King, offrendo un’esperienza coreografica di intensa libertà e delicatezza.
Luogo artistico emblematico e accessibile a ogni tipo di pubblico, la Maison de la Danse di Lione, non smette di meravigliarmi. Per le iniziative di contesto, che accompagnano le rappresentazioni proposte, e per l’ambiente informale, propizio alla diffusione, alla creazione e alla pratica della danza. Unica perplessità: il programma segnala Deep River come una rappresentazione adatta alle famiglie (bambini a partire da otto anni). Tuttavia, per l'intensità dell'atto unico, le sonorità spirituali e sofisticate, pur con l’energia straordinaria della compagnia, questa indicazione potrebbe non essere pienamente appropriata per tutti i giovani spettatori.
Elementi di pregio: La scrittura coreografica che colloca con delicatezza e complessità un senso di isolamento, fisico ed emotivo, all’interno di un flusso di movimento condiviso e intenzionale; la danzatrice Adji Cissoko, nell’assolo e nei passi a due sulle punte, per la luminosità della sua presenza scenica e l’incredibile estensione dei suoi gesti.
Limiti: L’atto unico implica un’esibizione di intensità continua. Se la compagnia LINES mantiene l'energia e la precisione al massimo livello per tutta la durata del balletto, per il pubblico la mancanza di pause emotive può generare un sovraccarico emozionale senza possibilità di recupero.
Visto alla Maison de la Danse Lyon, 5 novembre 2024
LINES Ballet (12 interpreti).
Coreografia: Alonzo King
Musica: Jason Moran, Lisa Fischer, Pharoah Sanders, Maurice Ravel, James Weldon Johnson
Voce: Lisa Fischer
Luci: Jim French
Costumi: Robert Rosenwasser
Video: RJ Muna
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