Il retroscena
Se in questi miei due anni di Lettere a Genova ho trovato un'esperienza attraente e formativa, è stata sicuramente quella di seguire il laboratorio di Analisi dello spettacolo teatrale: dal testo alla scena, condotto dalla docente Emanuela Chichiriccò.
Era la fine di novembre quando in un gruppo di studenti tanto piccolo quanto stregato dal teatro abbiamo iniziato a leggere il capolavoro di Bulgakov, esaminare i vari filoni narrativi e personaggi che compongono la storia, prima di presentarci nella sala Aldo Trionfo del Teatro della Tosse per vedere i retroscena della nuova collaborazione di Emanuele Conte e Michela Lucenti.
Inutile soffermarsi troppo, credo possiate capire, sul misto di fascino e stupore che ci animava vedendo i danzatori di Balletto Civile imparare la prima coreografia, sulle risate regalate da Pietro Fabbri, ma anche sulla rabbia che ci prese quando Tiziano Sclavi fu costretto a cambiare la musica per una scena a cui eravamo ormai già affezionati. Vedere dodici artisti sul palco con in mano un canovaccio come copione provare parti informi fino a comporre un complesso spettacolo, unione di danza, teatro, musica e pittura, è di certo un'esperienza che ritengo necessaria nel mio percorso di studi, ma la sensazione di esser privilegiata era in me anche maggiore per il fatto di poter osservare al lavoro Conte e Lucenti, così lontani dall'idea classica di regia, sempre pronti ad ampliare scene così come ad accorciare snodi narrativi, distorcere la voce in brani cult della musica nazionale ed internazionale, inclinare dialoghi, correggere passi, fino al giorno prima dell'esordio.
Di centrale importanza in questo senso è stata sicuramente la scelta dell'opera: Il Maestro e Margherita, un romanzo aperto ad infinite riletture ed interpretazioni. Lo si è visto dal lavoro di Conte e Lucenti, che dall'anteprima del 31 Dicembre alla prima internazionale del 2 Febbraio è come se avessero rivoluzionato l’intero spettacolo, ma anche dal fatto che in questo 2018 saranno tre le compagnie a portare in scena il testo in Italia - forse per via del centenario della Rivoluzione Russa, forse in occasione dei 50 anni della pubblicazione, forse per la recente scadenza dei diritti d'autore sul romanzo: durante le prove siamo riusciti a parlare anche con Paolo Bignamini che al Teatro degli Incamminati sta portando avanti un affascinante progetto sull'opera russa suddivisa in tre monologhi autonomi dai titoli Voland, Pilato e Gli amanti.
La scena
I cultori dello scrittore russo potrebbero lamentare una carenza di citazioni letterali del testo. Nel mio caso non era certo quella a spaventarmi quando presi posto in sala il giorno della prima, bensì ero impietrita dalla curiosità e l'incertezza per cosa avrebbero portato in scena Lucenti e Conte: avevo perso la prova generale il giorno prima e sapevo di potermi trovare per l'ennesima volta di fronte ad uno spettacolo diverso. Ebbene, furono ancora in grado di stupirmi in quanto, a fine spettacolo, mi accorsi che non vi erano stati cambiamenti.
Entrati in sala, dopo esser stati guidati ai posti da un Azazello (Stefano Pettenella) dal sorriso di Joker, veniamo accolti dalla musica di Behemoth (Gianluca Pezzino) al piano e come in un cabaret i due demoni ci intrattengono finché la sala si fa buia ed inizia lo spettacolo, che quindi si mostra fin da subito nella sua essenza metateatrale: una matrioska di racconti, tenuti insieme in una cornice dallo stampo grottesco e cabarettistico, a cui veniamo introdotti - dopo una breve proiezione delle inquietanti illustrazioni animate di Paolo Bonfiglio - dalla voce roca e suadente di Voland (Maurizio Camilli).
Tre sono i filoni narrativi, ci spiega: la storia di Pilato e del suo terribile mal di testa da una parte, l’ascesa del Diavolo sulla Terra - con l’intento di verificare l’operato umano e nominare la regina per l’annuale Gran Ballo di Satana - dall’altra e infine le vicende del Maestro, diviso fra la pazzia, causata dal rifiuto del suo manoscritto su Jeshua Ha-Nozry e Pilato, e l’amore per Margherita. Questa introduzione è come se concedesse tutto - o quasi - agli attori e ballerini, che da lì in poi avvertono come legittimo il trascinarci da una scena all’altra, con la travolgente euforia tipica dei musical, dalle sale di uno ospedale psichiatrico ad una serata di prestidigitazione fino all’unirci a rane e ninfe nell’acqua degli stagni, dopo aver volato sopra i tetti di Mosca grazie una “strega tutor”, e infine giù all’Inferno.
Le storie si intrecciano in modo indissolubile fra loro ma mantengono ciascuna la propria intensità: con Il Maestro e Margherita Emanuele Conte e la compagnia di Balletto Civile sono stati in grado di toccare punte di comicità in personaggi come Rimskij (Pietro Fabbri), direttore finanziario del teatro di varietà, e la “strega tutor” Hella (Emanuela Serra) e in scene di cabaret come quella di Pago Cash - con gli attori scesi in platea che lanciano denaro falso sulle teste del pubblico ripetendo il ritornello: «Soldi, quattrini, euro, banconote...Prendetene! Pago cash! Da domani! Pago cash!» -, ma anche di passare a coreografie in grado di commuovere per la bellezza dei movimenti, dal misto di grazia e forza espresso da Michela Lucenti e dai corpi seminudi dei ballerini, e ancora di muovere dubbi, critiche - aspra la visione del critico teatrale, capace solo di stroncare, affermando che «il teatro non è mica per tutti» - e di indagare su forze eterne quali potere, verità e amore.
Sono queste tre forze a tenere le redini dello spettacolo e a porre i personaggi davanti a delle scelte obbligate: da un lato il professor Voland che deve tornare sulla terra per dimostrare l'esistenza divina da cui dipende la propria, dall'altra Pilato che è tormentato dalla coscienza ma ha dovuto sottostare all’ingiustizia del potere umano, ma soprattutto Margherita, creatura solo in apparenza fragile, che accetta di diventare strega per amore. Quello di Margherita è un vero e proprio martirio in nome dell'amore, un amore segreto e fulmineo che «colpisce come un coltello a serramanico», raccontato attraverso un lungo flashback e un delicato passo a due in cui Lucenti riesce a coniugare varie forme di danza e a rendere armonici persino i movimenti di chi è totalmente mancante di una formazione nel ballo come Andreapietro Anselmi (nei panni di Maestro). Credo che 'osare' sia il verbo più rappresentativo per questo approccio della Lucenti all'opera: la coreografa e danzatrice si dimostra audace non solo nella ricerca del senso dell’azione, ma anche nel contrapporre alla potente voce androgina del gatto (Gianluca Pezzino) la propria, spesso acuta ed isterica, in grado di distorcere il suono e dare una forma inedita a pezzi dei grandi Domenico Modugno e Edith Piaf.
Il Maestro e Margherita di Conte e Lucenti è uno spettacolo pop ma allo stesso tempo delicato, che si conclude con un finale dolce amaro: i due amanti divisi da un telo in tulle, ricongiunti solo dalla morte, e una città alle loro spalle che come in un rewind riavvolge i propri passi e non cambia.
Limiti: la scelta di Conte di proiettare le illustrazioni animate di Paolo Bonfiglio e il trucco pesante, quasi fumettistico, dei danzatori, entrambe scelte discordanti con lo stile dello spettacolo.
Elementi di pregio: l’audacia nel canto della Lucenti, la voce androgina di Gianluca Pezzino, la presenza istrionesca di Pietro Fabbri - reso anche ballerino dalla Lucenti -, la mancanza quasi totale della scenografia, compensata con la fluidità dei corpi.
Visto al Teatro della Tosse il 02/02/2018
Regia di Emanuele Conte e Michela Lucenti Testo di Emanuele Conte ed Elisa D’Andrea liberamente ispirato al romanzo di Michail Bulgakov Coreografie Michela Lucenti Assistenti alla regia Alessio Aronne e Ambra Chiarello Impianto scenico Emanuele Conte Animazioni video Paolo Bonfiglio Costumi Chiara Defant Luci Andrea Torazza Musiche Tiziano Scali e FiloQ Mianoforte e musiche originali Gianluca Pezzino con Andreapietro Anselmi, Fabio Bergaglio, Maurizio Camilli, Pietro Fabbri, Michela Lucenti, Marianna Moccia, Alessandro Pallecchi, Stefano Pettenella, Gianluca Pezzino, Paolo Rosini, Emanuela Serra, Natalia Vallebona Direttore di scena Roberto D’Aversa Elettricista Matteo Selis Macchinista Fabrizio Camba Attrezzista Renza Tarantino Costruzioni Carlo Garrone Assistente ai costumi Daniela De Blasio Sarta Anna Romano Produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse e Balletto Civile
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