L'esteso sottotitolo di È bello vivere liberi! riassume le modalità con cui Marta Cuscunà ha creato la pièce che è all'origine del ciclo sulle Resistenze Femminili: "Un progetto di teatro civile per un'attrice, 5 burattini e un pupazzo". Sempre attenta al contesto storico, alle fonti e al significato delle parole, l'attrice e autrice si concentra sulla figura della giovane Ondina Peteani e la sua partecipazione alla Resistenza contro i nazifascisti nel Friuli Venezia Giulia.
La parola Resistenza ha per Cuscunà una grande importanza: qui è allo stesso tempo il movimento storico di liberazione nazionale e il tentativo di emancipazione femminile dal regime patriarcale - molto più pervasivo di una qualsiasi configurazione politica che ha un inizio e una fine storica. Nel prosieguo del ciclo il termine si configurerà prevalentemente in questa seconda accezione esaminando fatti storici più o meno recenti (come in La semplicità ingannata e Sorry, Boys), fino a raggiungere un epilogo epico e mitologico ne Il Canto della Caduta.
Il suo teatro è civile perché animato dalla stessa energia ideale che spinge le sue eroine a resistere e a provare a cambiare il mondo. Le modalità tipiche sono quelle del teatro di figura, anche qui presente anche se solo nei due capitoli conclusivi. Il resto - quindi circa tre quarti della messinscena - è affidato alla Cuscunà attrice, che si rivela talmente efficace e poliedrica da chiedersi come mai abbia deciso negli spettacoli successivi di "sparire" dalla scena dietro appunto a pupazzi e burattini.
La sua presenza trasmette una sorta di magnetico entusiasmo, quello che probabilmente animò Ondina Peteani nella sua coraggiosa, testarda e appassionata lotta per la libertà. Nella miglior tradizione rivoluzionaria, la libertà diventa la ragione per vivere, ciò che dona dignità alla vita. Cuscunà trasmette questo equilibrio dell'osare l'inosabile, in bilico tra l'eroismo e la sconsideratezza giovanile. I primi capitoli della rappresentazione sono una scoppiettante marcia di avvicinamento alla lotta armata, danno la sensazione di semplicità e inevitabilità delle decisioni già prese. L'unica pecca di questo fluire (quasi) senza ostacoli sta nel ritmo forse troppo sostenuto. L'urgenza di Cuscunà di dire tanto è una caratteristica comune dei suoi spettacoli: unita qui con l'esuberanza della gioventù della protagonista genera un'accelerazione che, pur non essendo mai superficiale, non fa giustizia alla raffinatezza del discorso.
Per fortuna al mutare del colore emotivo cambia anche la cadenza sottostante: le difficoltà della lotta armata e una cattura evitata solo grazie al sacrificio di un compagno sono narrate in modo agrodolce, mentre la scoperta di un traditore molto prossimo apre squarci tragici. Questi erompono definitivamente nel finale: l'azione si sposta tra i pupazzi che inscenano la rischiosa missione per eliminare un militare ex compagno arruolatosi nelle milizie della Repubblica di Salò. Quindi si trasferisce all'interno di un set per burattini a rappresentare l'orrore di una baracca di Auschwitz. È ancora l'indomabile forza di Ondina a farla sopravvivere, o forse il caso. La sua parabola resistente infatti si conclude con la liberazione del campo da parte dell'Armata Rossa.
Accanto all'ideale civile del suo teatro, Marta Cuscunà sviluppa qui una sorta di evocazione medianica della sua protagonista, del suo entusiasmo di vita e libertà, così lontano dalla pomposa e retorica celebrazione della Resistenza.
Per farsi medium l'attrice deve entrare direttamente in scena, farsi carico con il suo corpo di questa energia. Si spiega così l'imperfezione vitalistica della prima parte, autenticamente vissuta e trasferita nella sua tumultuosa irrequietezza agli spettatori. La sala spoglia e raccolta del Cubo Teatro lascia l'attrice a pochi metri da questi, rafforzando il flusso di trasferimento energetico. Gli ultimi due capitoli più riflessivi e ricercati nella forma avvengono a maggiore distanza anche per motivi pratici di allestimento e uso dei pupazzi e dei burattini.
La cifra del teatro civile di Cuscunà è un desiderio mai appagato di dire, un sovraccarico di energia vitale e intellettuale che si appoggia sempre a un rigoroso lavoro di analisi e ricerca. Alla radice di questa spinta sta questo spettacolo in cui le istanze di vitalistica celebrazione dell'autonomia e della libertà, femminile e non solo, sono più forti, intatte e immediate. Nella gioia di questa dignità inalienabile risuonano le parole "è bello vivere liberi!"
Elementi di pregio: un travolgente inno a tutte le resistenze in nome della libertà.
Limiti: diseguale nel ritmo e nella scansione dei quadri, ha nella sua indomita energia il difetto che è anche un pregio.
Visto al Cubo Teatro di Torino venerdì 24 gennaio 2020
Ideazione, drammaturgia, regia e interpretazione Marta Cuscunà
Oggetti di scena Belinda De Vito
Luci e Audio Marco Rogante
Co-produzione Operaestate Festival Veneto
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