A partire dalla fine di settembre, per un mese, Montpellier e i suoi immediati dintorni ospitano Ekilibr, nuova rassegna d’arte circense prodotta dal Théâtre du Domaine d’O, attrezzatissima struttura polivalente, in un grande parco nel nord di questa bella cittadina occitana in cui abito da qualche settimana.
All’interno della fitta programmazione - affidata alla cura dell’associazione Créature(s) Créatrice(s) e del Centre des Arts du Cirque Balthazar - ho l’occasione di seguire uno spettacolo, Terces, di un apprezzato artista francese, Johann Le Guillerm, al quale un’area di studi del dipartimento di teatro dell’Università Paul Valery III ha anche dedicato specificamente anche un seminario che sono riuscito a seguire: una breve e affascinante lectio di Le Guillerm al quale poi sono seguiti alcuni interventi di docenti universitari, di varie accademie francesi. Insomma, nonostante per me il nome di Le Guillerm fosse un’assoluta novità, mi sono reso conto, evidentemente, che le creazioni di questo carismatico artista abbiano già da lungo tempo - a fronte di una carriera quasi trentennale - un’attenzione speciale di pubblico e addetti ai lavori, in grado di fornire elementi per analisi a più livelli di complessità.
Per avere una conferma di questa sensazione, d’altra parte, consiglio di fare un giro virtuale sul suo sito ufficiale, che raccoglie l’elenco completo e dettagliato delle sue performances, installazioni, sculture, laboratori, osservatori: un campionario di esperienze, insomma, estremamente diverse tra loro, che compongono quella che viene definita “la cartografia” del suo progetto generale e che ha, come titolo emblematico, Attraction.
In questo sistema da lui concepito, gravitano idee eterogenee, che traggono spunto da discipline come “fisica, astronomia, botanica, genetica”, finalizzate a costituire una “utopia” secondo la quale il mondo possa essere rielaborato dalla propria capacità di analisi, resistendo in modo radicale al pre-costituito, al cammino già tracciato.
Tuttavia, c’è un solo elemento comune che permette di orientarsi tra le sperimentazioni di nuovi alfabeti a forma di spirale, oggetti in caduta libera che danzano, macchine che si muovono con energie naturali ma in modo impercettibile all’occhio umano, metamorfosi di elastici e architetture transumanti: l’ingegno, umano-troppo-umano, quasi neo-rinascimentale, di un artista che progetta i suoi prototipi, li costruisce, li destina all’incontro con il pubblico a prescindere dalla tipologia di intervento artistico.
Terces, l’unica isola dell’arcipelago di Attraction che Johann Le Guillerm porta nello spazio circense a pianta circolare di Ekilibr, è una rassegna di numeri, alcuni di breve durata, altri molto più lunghi e articolati, in cui l’artista esibisce alcune delle sue straordinarie abilità manipolatorie e equilibristiche, regalando al pubblico una considerevole varietà di sfumature di stupore, ognuna legata al differente uso della temporalità in scena. Vi descrivo perciò non tanto lo spettacolo - che forse meriterebbe un commentatore maggiormente informato di fondamenta di fisica, quale non sono - , ma alcuni dei suoi effetti di meraviglia. C’è, tanto per cominciare, la meraviglia intesa come condizione di silenziosa incredulità prolungata nel tempo, generata dal misterioso ingresso di congegni e macchinari bizzarri, che vanno ad acqua o a sabbia, senza alcuna automazione diversa dalle leggi meccaniche e fisiche: i materiali, la gravità, i pesi, i fluidi. Queste macchine ecologiche, gioielli di ingegneria, attraversano lo spazio lentamente, a seconda dei casi anche rumorosamente, lasciandosi ammirare nel loro funzionamento infallibile. A volte condividono la scena con Le Guillerm, con il quale innescano irresistibili duetti che fanno scoppiare a ridere un gruppetto di bambini - lo spettacolo è, come si dice, tout public - , a volte procedono indisturbate e disinvolte, completamente autonome e assolute protagoniste della nostra visione - e qui non ride proprio nessuno, al contrario, si percepisce qualcosa di sinistro. Entrano, attraversano lo spazio, poi scompaiono nell’oscurità dell’accesso sul lato opposto, accompagnati da un applauso quasi disorientato: chi o cosa stiamo applaudendo? L’oggetto? Il suo creatore invisibile? La natura delle cose?
C’è poi una meraviglia che si prova soltanto all’ultimo istante del numero, un’impennata di emozione improvvisa giusto un attimo prima che si chiuda l’azione, una sensazione appagante di conquista che si manifesta dopo aver accompagnato, con pazienza, le dilatate e precisissime sessioni di “costruzioni” sceniche di Le Guillerm, il quale, con l’aiuto delle sue assistenti, si prende tutto il tempo necessario per mettere in perfetto equilibrio pile apparentemente sbilenche di una cinquantina di libri grossi come enciclopedie, o allestire strutture complesse e solidissime con aste di legno senza alcun uso di corde, catene, legami di qualsiasi tipo. Le cose, manipolate al millimetro, non solo stanno in piedi, ma prendono forma, anzi più forme, interagiscono con il nostro sguardo, con il corpo stesso di Le Guillerm, in modo imprevedibile ed esibiscono esse stesse le proprie forze invisibili, davvero extra-ordinarie nella loro realtà.
Infine, c’è uno stato di meraviglia più ipnotica e sognante, quando ci godiamo la sospensione impagabile di Le Guillerm che rotea, quasi vola, a bordo di un’altra macchina da lui congegnata che ha la forma della spirale aurea e che risponde fedelmente a ogni piccola variazione d’equilibrio del suo corpo, una vera e propria danza a due: è un numero piuttosto breve, difficilissimo, che lascia una sensazione di nostalgia quando la spirale sparisce insieme alla certezza che non la rivedremo più.
A dire il vero, andrebbe registrato anche un altro tipo di meraviglia, più legata alla magia, se vogliamo, che è quella potenza illusoria - e realissima al tempo stesso, come insegna l’effetto del trompe-l’œil, antenato di ogni magia visiva - grazie alla quale, per esempio, Le Guillerm tira fuori dalla sua salopette un po’ allargata all’altezza del petto una varietà infinita di oggetti; così come è magia pura quella che gli permette di tracciare linee curve e arabeschi di colore bianco su una grossa superficie nera spiegata sul pavimento, utilizzando un pennino grande quasi quanto lui - perciò anche difficilmente manovrabile, come si può immaginare - per poi far rinvenire, cancellando sulla lavagnetta una linea curva o un’altra, le sagome inconfondibili delle cifre dall’1 al 9. Numeri arabi, come arabe sembravano anche le evoluzioni della penna prima che il panno, cancellando i segni superflui, li rivelasse. Le cifre erano così presenti sin dall’inizio, certo, ma erano state nascoste consapevolmente? O esse sarebbero emerse in qualsiasi modo Le Guillerm avesse agito con il suo pennarello? E, su un altro piano, la magia sta nell’arte (la scrittura che nasconde una verità) o nella sua sottrazione (il cancellino che restituisce razionalità al segno astratto)? Se avete risposte a queste domande, non esitate a scrivermi.
Insomma, l'avete capito anche voi, se siete arrivati fin qui nella lettura: Terces è uno stimolo irresistibile per il cervello e si esprime attraverso un linguaggio scandito da estrema cura dell’equilibrio, ossessione del millimetro, fiducia negli oggetti e nei materiali, ma soprattutto tempo, poco o tanto non so, certamente quello necessario per costruire utopie possibili. Ci sarebbe da chiedersi se per il pubblico medio di oggi, che solitamente arriva a sera sfiancato dalla quotidianità o dal lavoro, se ne ha uno, il tempo di Le Guillerm sia una proposta troppo complessa (benché non ci sia un ritmo, una frequenza, c’è però una scansione solidissima nella sua irregolarità, una partitura che combina il gesto consapevole con la sua imprevedibilità), ma questo forse è proprio ciò che l’artista vuole sfidare, il neo/turbo capitalismo, le dipendenze, le routine maniacali delle nostre giornate mediamente caratterizzate dalla vendita (e quindi l’impacchettamento per una più efficace gestione, come ci spiega il modello di mercato da centro commerciale) del nostro tempo vitale - e tanti saluti, sempre mediamente, per carità, alla salute mentale.
Chiudo invece con due segnalazioni di bellezza, che trovo ancora più stupefacenti di tutti gli effetti di meraviglia ricercati nell’ora e mezza di spettacolo: lo splendido costume di scena - progettato e realizzato da Paul Andriamanana Rasoamiaramanana con l’assistenza di Mathilde Giraudeau - una creazione che disegna il personaggio di un artigiano-clown in una sorta di abito da lavoro dai colori freddissimi che ben circoscrivono la fisionomia minuta e agile, il viso scavato, lo sguardo sfuggente, cupo e concentrato di chi fa di tutto per deviare ogni eventuale attenzione dal proprio corpo; e poi ci sono i suoni, che Le Guillerm produce, uno schiocco con le labbra, uno sbuffo furioso eseguito - se ho capito bene - solo con il naso, e che sono rumori-segnali, perché esprimono per esempio il proprio dissenso quando il millimetro non è quello giusto o quando si deve ricominciare una certa costruzione perché è iniziata male o ancora quando la manipolazione espone a momenti fisicamente rischiosi per lo stesso Le Guillerm. Sono interventi animaleschi, da uccello e da cavallo che, guarda caso sono gli unici due animali che fanno parte, esclusivamente sul piano visivo, del suo spettacolo:l’uccellino di carta che tenta di addestrare nel primo numero e la figura equina costituita da bastoni di legno che improvvisamente si rende riconoscibile al pubblico al termine di una delle lente “costruzioni”; il loro valore drammaturgico è molto forte e portano la comunicazione tra Le Guillerm e pubblico su un piano basilare, binario, in un equilibrio tra riuscita e fallimento che mantiene attivo l’ascolto del pubblico altrimenti appiattito dalla costante musica di sottofondo - prevalentemente elettronica, costituita da tracce, anzi sotto-tracce, vista la loro la tendenza a dissolversi (messaggio in codice per i latinisti tra voi, l’ambiguo cupio dissolvi del Paolo fatto santo dai cristiani!) e a restare fuori dal centro.
Si tratta, in definitiva, di dettagli che, però, mi hanno colpito particolarmente, perché mi hanno fatto riflettere su un elemento narcisistico del personaggio del tutto coerente con lo statuto generale della proposta artistica, ovviamente nella mia personale interpretazione di spettatore (per verificare invece i contenuti specifici dell’artista, ovviamente, suggerisco di leggere il bellissimo testo relativo a Terces sul suo sito): se non tutto si può considerare ugualmente vivo, tutto però richiede indiscutibilmente un profondo equilibrio, in grado di tenere nello stesso ecosistema di attenzione e affetto esseri umani, piante, animali, oggetti inanimati, materiali. Nell’ecosistema di Terces, però, l’uomo, il personaggio-uomo, l’artigiano-clown, resta colui che, con l’aiuto di valide assistenti anch’esse umane, ancora una volta deve fare il primo passo: ingegnarsi, progettare, manipolare. In questo caso, anche se con l’obiettivo di farsi notare il meno possibile, mettersi al lato del mondo, scomparirvi dentro, noi lo vediamo bene, l’uomo, e se non lo vediamo lo cerchiamo: è sotto i riflettori anche stasera.
Terces
visto al Théatre du Domain d’O, a Montpellier, il 20 ottobre 2023
conception, mise en piste et interprétation Johann Le Guillerm
création musicale Alexandre Piques création lumières Hervé Gary régie piste Anaëlle Husein Sharif Khalil, Anastasia Saltet, Franck Bonnot en alternance avec Paul-Emile Perreau régie Lumière Lucien Yakoubsohn régie générale Alexandre Lafitte
construction machinerie lumière Silvain Ohl, Jean-Marc Bernard et Pauline Lamache création costume Paul Andriamanana Rasoamiaramanana assisté de Mathilde Giraudeau production Cirque ici – Johann Le Guillerm
co production Plateforme 2 Pôles Cirque en Normandie – La Brèche à Cherbourg et le Cirque Théâtre d’Elbeuf / Agora – Centre Culturel PNC Boulazac Aquitaine / Le Channel – scène nationale de Calais / Le Volcan – Scène nationale du Havre / Théâtre de Sénart, scène nationale – Scène nationale de l’Essonne Agora Desnos – Théâtre de Corbeil-Essonnes Grand Paris Sud / Le Carré Magique Pôle national des Arts du Cirque en Bretagne / Cirque Jules Verne – Pôle National Cirque et Arts de la Rue – Amiens / Archaos, Pôle Nationale des Arts du Cirque Méditerranée / Pôle Régional Cirque Le Mans, Les Quinconces-L’espal, Scène nationale / Tandem – Scène nationale / Les 2 scènes – scène nationale de Besançon
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