Il direttore Amedeo Romeo risponde alle domande dell'OCA sullo stato di salute del Teatro.
Data: 07/05/2020
1) Da un punto di vista umano, cosa ha significato per te la chiusura dei teatri? Come stai vivendo questo periodo di serrata a livello personale?
Da un punto di vista umano, la mia reazione alla chiusura dei teatri può riassumersi in una sola parola: preoccupazione.
Prima di tutto sono preoccupato per il futuro dei lavoratori dello spettacolo, in generale per il settore, in particolare per i dipendenti del Teatro della Tosse verso i quali, nel mio ruolo di direttore, mi sento responsabile. Si alzano molte voci, sia per rivendicare la visibilità di tutta quella parte di lavoratori invisibili per il grande pubblico, sia per richiedere interventi economici che possano sostenere il settore. Le soluzioni non sono facili, per una serie di motivi che posso esporre solo sinteticamente, ma che meriterebbero un maggiore approfondimento.
Il sistema teatrale risulta fortemente diviso, e l’idea che gli interessi siano contrapposti è deleteria. Ci sono i teatri sovvenzionati dal FUS, prime tra tutte le fondazioni lirico sinfoniche, che agli occhi dei teatri non sovvenzionati appaiono come privilegiati, perché almeno in parte viene loro garantito il contributo. Tra i lavoratori, ci sono gli organizzativi e amministrativi strutturati, con contratti, a volte, a tempo indeterminato, per i quali è possibile accedere agli ammortizzatori sociali (che comunque, per chiarezza, significano 750 euro al mese di stipendio), e ci sono gli artisti, i tecnici, i collaboratori occasionali, che arrancano tra disoccupazione, contributo di 600 euro e, nel caso estremo degli intermittenti, nessun aiuto. È facile di fronte a questi dati che si scateni un conflitto tra sovvenzionati e non sovvenzionati, datori di lavoro e lavoratori, tra “tutelati” e non tutelati, ma sarebbe un errore gravissimo. Non sappiamo quanto durerà l’emergenza, ma in questo periodo di silenzio forzato, non solo a tutti i lavoratori deve essere garantito un reddito minimo, ma le strutture stesse devono essere sostenute perché sopravvivano, altrimenti quando l’emergenza finirà non ci sarà più lavoro per nessuno. Quando parlo di sostenere i teatri, non mi riferisco solo ai contributi o al sostegno alla liquidità (entrambi fattori vitali) ma anche a un serio confronto per garantire lo svolgimento di quei lavori che ora sono vietati e che potrebbero essere svolti in sicurezza: programmazione, prove, costruzione di scene, ecc. Prima i lavoratori dello spettacolo potranno rientrare al lavoro, anche se in anticipo sulla ripartenza dello spettacolo dal vivo, meno peseranno gli ammortizzatori sociali sulla finanza pubblica.
In secondo luogo sono preoccupato per una società che pensa di poter fare a meno del teatro. Il teatro è un bene primario, la salute deve essere garantita, ma altrettanto lo deve essere la cultura, altrimenti la società si inaridisce. Mi manca moltissimo il teatro, soprattutto come spettatore.
2) Sapresti quantificare - in termini economici o con altri parametri oggettivi - la perdita subita (da te personalmente e/o dall'organizzazione in cui lavori) da quando è iniziata questa chiusura?
L’organizzazione in cui lavoro ha subito fino ad oggi, 7 maggio, nei due mesi chiusura una perdita molto significativa. Prevedendo che non potremo lavorare in estate, o che se lo faremo lo faremo in modo assai ridotto, senza considerare i contributi pubblici e privati, la perdita del fatturato a fine 2020 sarà all’incirca del 70%.
3) Qual è concretamente la situazione attuale tua o della tua compagnia/organizzazione? Come ti stai muovendo/vi state muovendo, quali sono le prospettive?
Allo stato attuale l’organizzazione che dirigo, nonostante la chiusura al pubblico, sta cercando di ripartire, mettendo in campo tutte le iniziative possibili compatibilmente con il momento.
Il colpo è stato duro, e vista anche la grande incertezza, ci abbiamo messo un po’ a reagire. La prima reazione è stata quella di non scomparire, e così, come molti, abbiamo intensificato la nostra presenza sui social, prima con lo streaming, poi con un progetto ad hoc (tutt’ora in corso), la ripresa dello spettacolo Il mistero dei tarocchi, uno spettacolo a stazione per 22 attori che Tonino Conte aveva immaginato nel 1990, ora rimesso in scena appositamente per il web con scadenza trisettimanale. Nel giro di poche settimane, mentre ci rendevamo conto che la situazione non sarebbe migliorata, la convinzione che questa soluzione non potesse reggere al tempo si è fatta sempre più forte. Sembra ovvio, ma tutti quanti abbiamo dovuto ripetere a noi stessi e nelle dichiarazioni pubbliche che il teatro online non è teatro. Il teatro si fa in presenza, deve esserci la relazione con il pubblico, non può essere differito e non esiste se non nel rapporto tra spettatore e platea.
A partire da questa considerazione abbiamo cominciato a ripensare la nostra programmazione, per l’immediato futuro e per il lungo periodo.
Nell’immediato abbiamo scelto di ripartire, il 7 maggio, ospitando Theatre on a line, uno spettacolo che non è nato per l’emergenza, ma che risulta perfetto per il presente. IRAA Theatre, di Cuocolo/Bosetti, è una compagnia che ha sempre messo al centro la relazione intima con lo spettatore, portando i propri spettacoli in luoghi inattesi - così come, in una dimensione molto diversa, perché più popolare e di massa, ha sempre fatto il Teatro della Tosse. Theatre on a line non è uno spettacolo al telefono, è uno spettacolo, un evento, che avviene attraverso il telefono, e non è una differenza da poco. Non un surrogato, ma un modo intimo di creare l’incontro.
Terminata questa esperienza, e quella dei Tarocchi, entrambe in scena fino alla fine di maggio, il nostro obiettivo è ritornare “in presenza”, nella speranza che, adeguandoci a tutte le norme sanitarie e ricorrendo alla nostra capacità di abitare luoghi diversi dallo spazio teatrale tradizionale, sia possibile tornare a fare spettacolo all’aperto, per un pubblico limitato, in una dimensione intima, per un tempo prolungato, in una forma più performativa, nella quale ancora di più sarà possibile far interagire prosa, danza, musica.
4) Come pensi che le istituzioni (Governo, Regione, Comune) dovrebbero agire in questa fase?
Ci sono a mio parere quattro ordini di interventi, al di là dei nuovi finanziamenti, indispensabili e urgentissimi.
- Il primo riguarda i lavoratori dello spettacolo. Come detto nel nostro settore lavorano persone con fattispecie contrattuali molto varie e con scarsissimi strumenti di tutela. Gli interventi emergenziali possono garantire la sopravvivenza dei lavoratori, il principale patrimonio dello spettacolo dal vivo, solo per qualche mese. Ma se la situazione dovesse protrarsi cosa succederà? È indispensabile la creazione di un fondo di solidarietà che garantisca un reddito dignitoso ad artisti e tecnici, anche e soprattutto a quelli che lavorano per piccole compagnie non sovvenzionate. Se gli artisti non potranno continuare a studiare, formarsi e prepararsi in vista dell’apertura, senza disperdere le proprie energie nella ricerca di mezzi di sussistenza, il teatro non esisterà più, perché il teatro lo fanno gli autori, i registi, gli attori e i tecnici.
- A livello ministeriale, è indispensabile un congelamento dei parametri per l’accesso ai contributi FUS e lo slittamento al 2022 del nuovo triennio. Per il 2021-2023 i teatri sovvenzionati dovrebbero a gennaio 2021 presentare un nuovo programma triennale: non è possibile immaginare di progettare il futuro con i criteri, già incerti, stabiliti in un passato nel quale vigevano condizioni completamente superate dai fatti. Occorre che il 2021 diventi un anno di studio che, auspicabilmente, possa portare a una nuova legge sullo spettacolo dal vivo.
I prossimi due punti sono più tecnici. Condivido qui un elenco di provvedimenti pratici che abbiamo rivolto ai nostri enti locali, perché possano farsi portavoce delle nostre istanze preso le sedi istituzionali. I primi sono di natura fiscale, e servono a sostenere i teatri nell’emergenza, soprattutto garantendo liquidità in assenza di incassi; i secondi sono provvedimenti di rilancio della domanda.
- Agevolazioni per i teatri
Identificazione di costi che, se fino alla ripresa dell’attività diventassero detraibili al 100% sotto forma di credito d’imposta utilizzabile in compensazione anche verticale nel modello F24, garantirebbero ai teatri le risorse necessarie a sopravvivere fino al momento della ripresa.
Esempi:
Canoni di locazione degli immobili;
Interessi su scoperto di conti e finanziamenti accesi ad hoc per far fronte alla situazione
(nei 400 miliardi stanziati a garanzia a favore delle pmi non sappiamo se e in quale misura è stata contemplata l’industria culturale)
Utenze (energia elettrica, spese telefoniche, riscaldamento e acqua);
Premi assicurazioni obbligatorie per legge;
Investimenti tecnologici per rendere fruibili al meglio da casa gli spettacoli teatrali e musicali.
Investimenti tecnologici per smart working e per formazione del personale sul tema
Investimenti in professioni inusuali per il comparto o normalmente sottoutilizzate (i.e. montatori, videomaker, ecc) di cui necessitano le strutture per mantenere la propria presenza sul web che diventa canale unico di fruizione dei contenuti (SITI, social network ecc)
- Agevolazioni per i consumatori
Tali misure dovrebbero essere messe in atto quantomeno fino al 2021, per sostenere la ripresa di un comparto danneggiato non solo dal punto di vista economico ma anche dal punto di vista dell’immagine, essendo stato oggetto dei primissimi provvedimenti restrittivi:
Detrazione al 100% dell'acquisto di abbonamenti e biglietti sotto forma di credito d’imposta utilizzabile in compensazione nel modello F24;
Bonus cultura (modello APP 18) per le scuole di ogni ordine e grado, gestite dalla scuola per andare a teatro e ai musei;
Inserimento nel welfare aziendale degli enti locali e della pubblica amministrazione di abbonamenti e biglietti per spettacoli.
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