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Francesca Picci

I sentimenti del maiale | Sono a teatro, posso tutto


Mentre il pubblico prende posto nella sala auditorium del Centro polivalente Dialma Ruggiero di La Spezia, Licia Lanera e Danilo Giuva, già in scena, si scambiano qualche parola, ridono, accennano un training, si preparano per l’imminente inizio dello spettacolo. In fondo alla scena una band suona per loro e per noi avvolta da fumo e luci (sono Dario Bissanti, chitarra e voce, Giorgio Cardone, batteria, Nico Morder Crumor, basso). È il momento del “passaggio” e noi spettatori ci troviamo ammessi in quella terra di mezzo non ancora spettacolo, non più quotidianità che ad ogni replica gli attori sono chiamati ad attraversare.

In scena, a sinistra, un divano (bianco), una piccola cassapanca (bianca) che conterrà oggetti e costumi, una lampada (bianca); su tutto il palco, uno strato di neve; a destra, un maiale appeso, squartato, che cola sangue, lasciando in tutto quel bianco una circoscritta macchia rossa.

Finto il maiale, finta la neve.

Ma a teatro – ci verrà detto tra poco – tutto si può. E la verità è tutta lì, nell’artificio.



I sentimenti del maiale è l’ultimo spettacolo della trilogia “Guarda come nevica”, percorso attraverso la letteratura russa iniziato nel 2018 con Cuore di cane di Bulgakov e proseguito nel 2019 con Il Gabbiano di Cechov. Di tutti e tre i momenti della trilogia regista è Licia Lanera, qui anche autrice del testo.

Protagonisti di quest’ultima tappa sono Vladimir Majakovskij e una profonda e coinvolta riflessione sull’arte e sul ruolo dell’artista.


La struttura è semplice, due attori ci accolgono nel loro salotto, discutono dello spettacolo che stanno preparando, ne provano alcuni possibili momenti, intrecciano il lavoro a riflessioni personali intorno alla vita, al tempo che passa inesorabile, alla vecchiaia, alla morte, al senso dell’essere artista. Controcanto metaforico, sempre presente, è il maiale appeso e squartato, il cui sacrificio si è compiuto in un rito che si ripete uguale a se stesso nel tempo, ancora oggi, coinvolgendo un’intera comunità, diventando momento di festa.



ph. Francesco Tassara


Lo spettacolo è stato preparato durante il primo lockdown e non c’è bisogno di esplicitarlo: è sufficiente quel divano, l’impossibilità di uscire, la necessità di afferrare il tempo che scorre in maniera lenta e inesorabile, per ricavare qualcosa da quell’assurda paralisi, per portare avanti l’atto artistico.

E se durante il primo lockdown si alzava al massimo il volume delle casse per ballare nel salotto di casa come a un concerto, nel salotto bianco e stilizzato di Licia e Danilo c’è una band in carne e ossa alla quale far alzare il volume. “C’è una band in scena perché sono a teatro e a teatro posso fare quello che voglio, anche mettere una band in salotto”. E il pubblico davvero può credere – non ingenuo, ma sognatore – che lì per lui suonino Nirvana e Joy Divison.

La scelta dei pezzi non è solo generazionale: Kurt Cobain e Ian Curtis hanno in comune con Majakovskj il suicidio, la tragica uscita di scena che li ha spezzati al centro della loro vita.

“Se muoio non incolpate nessuno e per favore niente pettegolezzi”.

È l’ultima lettera scritta da Majakovskij, quella al Compagno Governo, l’ultima lettera prima di suicidarsi, prima di indossare la camicia gialla e spararsi un proiettile tre centimetri sotto il cuore.

E proprio una camicia gialla, nota di colore in tutto quel bianco, indosserà Licia quando tra fumo e luci salirà sul palchetto montato centralmente in fondo alla scena, e, avvolta dalle note graffianti della band, incarnerà la figura dell’artista che si innalza sopra a tutti per restituirci, tra note distorte e con una voce che può tutto, la poesia di Majakovskj.

“Dite ai pompieri: sul cuore ardente ci si arrampica con le carezze”

Pochi minuti di intensità e perfezione, la perfezione graffiante di una vita consacrata all’arte.


Elementi di pregio: l’uso delle luci e degli elementi scenografici semplici ed essenziali, essere presente a quel concerto rock ideale che hai sempre sognato e un finale perfetto.


Limiti: il gioco iniziale della naturalità, del riproporre se stessi tra vita e lavoro, tra riflessione e atto artistico, non sempre convince.


Visto all’Auditorium Dialma Ruggiero (Spezia) di FuoriLuogo, sabato 22 Gennaio 2022.


regia Licia Lanera

con Danilo Giuva e Licia Lanera

Chitarra e voce Dario Bissanti

Batteria Giorgio Cardone

Basso Nico Morde Crumor

Luci Cristian Allegrini

Fonica Francesco Curci

Scene Riccardo Mastrapasqua

Aiuto scenografo Silvia Giancane

Costumi Angela Tomasicchio

co-produzione Compagnia Licia Lanera, TPE – Teatro Piemonte Europa, Festival delle Colline Torinesi



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