Il calcio è il tema ricorrente di tutti gli episodi rievocati ne Il Tango del calcio di rigore: partite dal cui risultato dipendono i destini di un regime, calci di rigore interminabili, campionati mondiali truccati, guerre decise per una partita andata male. Lo sfondo geografico è l'America, prevalentemente del Sud ma anche centrale, con il suo carico di atmosfere febbrili e magiche e con la sua storia recente di dittature e crimini di stato. Il corpo principale della messinscena è occupato dal racconto dell'inquietante Mondiale di calcio del 1978, giocato nell'Argentina post golpe militare, dove lo sport diventa non solo la grande arma di distrazione di massa che in fondo è sempre stata, ma anche uno strumento di affermazione di prestigio politico e quasi una testimonianza del diritto del regime a governare.
Gallione, drammaturgo e regista della pièce, sceglie di raccontare storie più o meno strampalate, vere ma non verosimili, per quadri, in una scena spoglia, abitata solo da sedie e lampadine che illuminano e definiscono uno spazio che si dichiara esplicitamente come palcoscenico. Questa sincerità anti naturalistica si integra con la narrazione degli episodi che non sono propriamente recitati bensì rievocati. La mediazione introdotta in questo modo è probabilmente una scelta oculata per trattare una materia forte come quella dei crimini della dittatura argentina, oltre a essere forse obbligata per i racconti più complessi in cui si salta da un luogo all'altro e si moltiplicano i personaggi coinvolti. Queste scelte consentono un grado di elaborazione esplicito di quanto è raccontato: la riflessione sul panem et circenses compiuta durante la narrazione della tesissima finale del campionato del mondo tra Argentina e Olanda fluisce naturalmente dall'impostazione della scena. Quello che invece sorprende, quasi sconcertando, è la sistematica rapidità con cui i toni e i registri mutano. Poco dopo il racconto dei terribili crimini e massacri di cui la dittatura militare argentina si macchiò, si passa infatti in velocità a una canzonetta divertente con tanto di coro travestito da piante di cactus. La sensazione di straniamento è palpabile: se si può comprendere la necessità di mutare ritmo e colore della rappresentazione dopo il climax tragico, la scelta di farlo così repentinamente e con questa intensità risulta di difficile comprensione, se non sospetta.
Curiosamente qui sembra operare la stessa logica che viene denunciata dal contenuto dello spettacolo. Il panem et circenses, la "distrazione" necessaria, non è forse anche quella di uno spettacolo che giudica probabilmente indigesta per il pubblico un’eccessiva concentrazione su temi cupi o tragici come quelli delle dittature sudamericane? Oppure viceversa usa questi temi più riflessivi per nobilitare un intrattenimento che fa comunque uso intelligente dei toni da realismo magico di certi racconti? La sensazione è quella di assistere a una serie di quadri ed episodi giustapposti disorganicamente, forse per timore di prendere una direzione precisa. Si tratta di un limite che purtroppo va a inficiare un risultato finale che poteva essere ben altro data la buona qualità dei singoli elementi.
Recitato sempre con brio, con bravura, specialmente da Rosanna Naddeo, Il tango del calcio di rigore contiene forse più spettacoli in uno finendo per essere un’occasione mancata. L'idea di riflettere con lo stile di un realismo magico tra Borges e Frida Kahlo sulla storia recente di quei Paesi, attraverso il prisma del loro sport nazionale, ha se non altro la brillantezza delle idee azzeccate, la cui traduzione pratica non ha la stessa efficacia. Elementi di pregio: ricco di spunti narrativi e di riflessione. Limiti: manca una organicità tra i vari quadri della rappresentazione; repentini ed eccessivi cambi di tono emotivo. produzione TEATRO NAZIONALE DI GENOVA drammaturgia e regia Giorgio Gallione interpreti Neri Marcorè, Ugo Dighero, Rosanna Naddeo e con Fabrizio Costella, Alessandro Pizzuto scene e costumi Guido Fiorato musiche Paolo Silvestri luci Aldo Mantovani
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