Effetto “Ghiaccio”
24 marzo, Teatro Gobetti, Torino. “Ghiaccio”. A fine spettacolo applaudo ma in realtà sono ancora sotto il ghiaccio. Intorno a me sento applaudire forte. Decido di associarmi: se lo sono meritati. Il giorno dopo mi accorgo che il processo di scioglimento ha funzionato, ma come un farmaco a rilascio prolungato.
Per quasi due ore sono stata faccia a faccia con la pedofilia, il male, il dolore di una madre, le agghiaccianti verità di un infanticidio. In una scenografia di cellophane (lo stesso materiale con cui la bambina, Rhona, viene soffocata) per quasi due ore si sono mossi spettri spaventosi. E l’immagine residua dell’orrore ci mette un po’ a dissolversi.
La pietra stregata di Rhona – 4 illustrazioni per “Ghiaccio”
Ho potuto disegnare alcune immagini solo il giorno dopo. Mi sono sentita un po’ come Clara Malaussene, il personaggio di Pennac che fotografa quello di cui ha paura.
Una ginestra spinosa rossa. Un piccolo teschio che la madre prende tra le mani, stupefatta della sua perfezione.
Un mostro. La bambina, da subito, è solo un impermeabile rosso.
Una condanna.
Una pietra con un buco dove si può vedere attraverso. La pietra stregata di Rhona.
“Ghiaccio” di Bryony Lavery
traduzione Monica Capuani, Massimiliano Farau
con Filippo Dini, Mariangela Granelli, Lucia Mascino
regia Filippo Dini
scene Maria Spazzi
costumi Katarina Vukcevic
luci Pasquale Mari
musiche Aleph Viola
aiuto regia Carlo Orlando
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
In accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di United Agents LLP
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