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Eva Olcese

La semplicità ingannata | Resistenza femminista

«Perché si sa, l’abitudine fa accettare l'inaccettabile: accade spesso di sottomettersi volontariamente a una forma di imposizione quando non si è avuta la possibilità di conoscere altro e tutta la formazione che riceviamo fin da bambine, ci spinge ad accettare naturalmente un modello femminile non desiderato, perché finiamo per crederlo nostro.» [La semplicità ingannata in M.Cuscunà, Resistenze femminili. Una trilogia, Forum, Udine, 2019]

Con La semplicità ingannata - satira per attrice e pupazze sul lusso d'essere donne Marta Cuscunà vuole dare voce alle Clarisse del monastero di Santa Chiara da Udine, un gruppo di donne che nel Cinquecento riuscì ad attuare una forma di resistenza davvero unica nel suo genere. Le dipinge come ragazze di buona famiglia cresciute tra le mura di un convento che, una volta giunto il momento di prendere il velo, l’avevano trovato troppo pesante per corrispondere alla voglia di vita ed evasione tipiche di un’adolescente e decisero, così, di sovvertire le regole e rivoluzionare silenziosamente la loro vita. In un mondo dove le donne non contavano nulla, le monache del Santa Chiara fecero della clausura la loro salvezza e del monastero uno spazio per il libero pensiero, la contestazione del regime patriarcale e la diffusione della cultura.


La semplicità ingannata @Alessandro Sala_Cesuralab
Foto di @Alessandro Sala Cesuralab

La ricerca di Cuscunà all’interno dell’intera trilogia delle Resistenze Femminili (di cui questo spettacolo è il secondo capitolo) si muove su un piano che non è quello strettamente documentaristico. Alla drammaturga non interessa infatti il ricalco fedele della storia: il dato certo può esser tradito a favore di un’elaborazione che (di)mostri come certe dinamiche siano sotterraneamente presenti nella società contemporanea. In questo senso la scena iniziale sul mercato matrimoniale diventa un’asta di spose, quasi una gag della quale ridere amaramente (come l’immagine di un convento-paese dei balocchi e la ripresa pop di Manzoni), e la storia di Arcangela Tarabotti, suora, scrittrice e pensatrice proto-femminista – è uno dei suoi testi a dare nome alla pièce – , è fonte di ispirazione per il primo atto dello spettacolo e si fonde a quella delle monache udinesi in un racconto che illustra chiaramente il clima politico e socio-culturale dell’epoca. A coinvolgere lo spettatore, tener viva la sua attenzione su quella che è una drammaturgia davvero serrata è la tecnica messa in atto da Cuscunà, capace di render digeribili le verità più scomode. Il suo teatro visuale è qui dispiegato nell’uso di sei pupazze in fila, quelle delle suore Teodora, Tranquilla, Innocenza, Mansueta, Immacolata e Beata – fisse su un trespolo con i loro occhi sporgenti –, e di quella ancora più grottesca dell’Inquisitore, tutte animate dalle sue mani. È un coro sui generis quello rappresentato dalle monache del Santa Chiara: visibilmente simili le une alle altre, hanno però voci, espressioni mimiche, toni e personalità molto distinte. In questo le è forse d’aiuto anche la lezione di José Sanchis Sinisterra - drammaturgo e regista spagnolo del quale è stata allieva - e l’uso dei suoi “protocolli drammaturgici” per i quali, ad esempio, i personaggi di un coro hanno sempre una funzione assegnata: come afferma la stessa autrice, non deve mancare un personaggio con una funzione di eco, un secondo che faccia le domande, un terzo che esageri le affermazioni degli altri, un quarto che invece sfumi e ridimensioni l’argomento, e un quinto che si lasci andare a divagazioni.


La semplicità ingannata @Alessandro Sala_Cesuralab
Foto di @Alessandro Sala Cesuralab

Inoltre, ne La semplicità ingannata Cuscunà alterna il teatro di figura a quello più tradizionale di narrazione, uscendo di tanto in tanto dal ruolo di burattinaia. Se riprende l’uso del pupazzo, già visto in È bello vivere liberi!, in questo spettacolo non appone nessuna barriera visiva tra lei e lo sguardo del pubblico: anche quando manovra le pupazze, benché rimanga in ombra, Cuscunà è sempre in scena. La materialità del suo corpo discosta La semplicità ingannata dal successivo Il canto della caduta, dove la ricerca di un’intermedialità condurrà Cuscunà a sperimentare l’uso dello schermo e la riduzione della sua presenza in scena come attrice.


Ne La semplicità ingannata, a un primo impatto, a colpire è il minimalismo incisivo della scena, ma a rimanere impresse sono le parole di una drammaturgia che si presenta come un collage tanto affastellato quanto in grado di restituire la complessità di qualcosa che conosciamo ben poco, il mondo monacale. Ancor di meno si sa di questi tentativi di emancipazione femminile, avvenuti in Italia già nel Cinquecento. Tuttavia, il progetto di Cuscunà, col suo disinteresse alla fedeltà storica, sembra voler ricordare, più ambiziosamente, che le rivoluzioni siano possibili in ogni luogo e tempo e che ancora oggi, ogni giorno, possiamo lavorare alla costruzione di un modello femminile alternativo a quello che da sempre gli uomini ci hanno appiccicato addosso.


Elementi di pregio: la forte espressività delle sei pupazze, realizzate da Elisabetta Ferrandino, il minimalismo delle scene, la drammaturgia tanto affastellata quanto trascinante, la scelta produttiva indipendente – basata su un finanziamento a microcredito.

Limiti: le parti narrative dello spettacolo che si scontrano con la difficoltà di mantenere lo stesso ritmo di quelle di teatro visuale, perdendo di tanto in tanto l'attenzione del pubblico; la molteplicità degli imput con cui è stimolato lo spettatore.


La semplicità ingannata - satira per attrice e pupazze sul lusso d'essere donne

Visto al Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, il 18 Febbraio 2022

Liberamente ispirato alle opere letterarie di Arcangela Tarabotti e alla vicenda delle Clarisse di Udine

di e con: Marta Cuscunà

Assistente alla regia: Marco Rogante.

Disegno luci: Claudio “Poldo” Parrino.

Disegno del suono: Alessandro Sdrigotti.

Tecnica di palco, delle luci e del suono: Marco Rogante, Alessandro Sdrigotti.

Realizzazioni scenografiche: Delta Studios; Elisabetta Ferrandino.

Realizzazione costumi: Antonella Guglielmi.

Co-produzione: Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto.

Cura e promozione: Centrale Fies

Distribuzione: Laura Marinelli

Con il sostegno di Provincia Autonoma di Trento-T-under 30, Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, Comitato Provinciale per la promozione dei valori della Resistenza e della Costituzione repubblicana di Gorizia, A.N.P.I. Comitato Provinciale di Gorizia, Assessorato alla cultura del Comune di Ronchi dei Legionari, Biblioteca Sandro Pertini di Ronchi dei Legionari, Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Monfalcone, Claudio e Simone del Centro di Aggregazione Giovanile di Monfalcone.

Con il sostegno dei partecipanti al progetto di microcredito teatrale: Assemblea Teatrale Maranese-Marano Lagunare UD; Federico Toni; Laboratorio Teatrale Re Nudo-Teatri Invisibili; Nottenera.Comunità_Linguaggi_Territorio; Bonawentura/Teatro Miela-Trieste; Spazio Ferramenta; Tracce di Teatro d'Autore; L'Attoscuro Teatro - Montescudo di Rimini.

Liberamente ispirato a Lo spazio del silenzio di Giovanna Paolin, (Ed. Biblioteca dell'Immagine, 1998)

Marta Cuscunà fa parte del progetto Fies Factory


Marta Cuscunà, foto di Dido Fontana
Foto di Dido Fontana

BIBLIOGRAFIA

Lo spazio del silenzio di Giovanna Paolin (Ed. Biblioteca dell'Immagine 1989)

L'eterodossia nel monastero delle Clarisse di Udine nella seconda metà del '500 di Giovanna Paolin, Collectanea franciscana, periodicum cura Instituti Historici (Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum Editum, 1980)

La semplicità ingannata di Arcangela Tarabotti, a cura di Simona Bartot (Ed Il Poligrafo, 2007)

L'Inferno monacale di Arcangela Tarabotti, a cura di Francesca Medioli (Ed. Rosenberg&Sellier, 1990)

Satira e antisatira sul lusso donnesco di Arcangela Tarabotti, a cura di Francesca Buoninsegni (Ed. Salerno, 1998)

Donne e monache: quindici secoli di vita friulana tra cronaca e storia di Giuseppe Marcotti (Ed. Tarantola-Tavoschi, 1975)

I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (Ed. Scolastiche Mondadori, 1946)

Ave Mary di Michela Murgia (Ed. Einaudi, 2011)

Sii bella e stai zitta di Michela Marzano (Ed. Mondadori 2010)

Il calice e la spada di Riane Eisler, (Ed. Frassinelli, 1987)

La sposa cristiana ossia la donna secondo il cuore di Dio di Laura Di Barezia (Ed.Ferrari, 1938)




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oca, oche, critica teatrale
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