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Eva Olcese - Irene Buselli

Les idées grises | Diktat


In apertura alla diciassettesima edizione del Circumnavigando Festival (26 dicembre - 7 gennaio), quest'anno Circus Next ha selezionato quattro spettacoli - in scena tra il 7 e il 16 dicembre - proposti al pubblico genovese come “anteprime”; due di questi, di produzione francese, approdano a Genova in prima nazionale: Les idées grises e Diktat.

Les idées grises | Compagnie Barks

di Eva Olcese

Sulle note di Everyday di Bully Holly, i giovani acrobati della Compagnie Barks si svegliano in una casa interamente bianca, con un paio di sedie, una porta e una finestra; qui iniziano un duello surreale fatto di equilibrio, inseguimento, tensione, inversione dei ruoli, competizione, unione e inganno - come Tom e Jerry alla continua ricerca del mezzo migliore per ingannare l'altro.

L'uno vestito di blu, l'altro di rosso, Dausse e Lemoine si muovono in questo luogo candido giocando con l'illusione ottica creata attraverso la proiezione video, moltiplicano gli spazi e loro stessi - un vero e proprio gioco escheriano con effetti paradossali - e in un intreccio tra acrobazia e nouveau cirque sfidano l'immaginazione del pubblico e lo invitano a dimenticarsi della logica e delle leggi della fisica. Si trasformano in omini stilizzati al neon, poi in ombre colorate - anch'esse rosse e blu - e infine escono nuovamente come da un film d'animazione, giocando a chi salta più in alto sulla parete verticale: finché, nello stupore generale - persino i più grandi mormorano «Ma non è possibile!» -, uno dei due si sistema due aspirapolvere sulla schiena per raggiungere l'altro sul tetto.

Spettacolare anche il momento in cui, durante lo scontro, la scena viene congelata come in un freeze-frame cinematografico mentre l’uso della proiezione video ricorda allo spettatore e agli stessi attori le loro azioni precedenti, rendendone evidente la ripetizione - sottolineata anche dalla struttura circolare dello spettacolo, in cui inizio e fine coincidono perfettamente.

La forza di questo spettacolo risiede soprattutto nella capacità degli interpreti-autori di far sembrare facili le acrobazie più elaborate e nell’innescare il meccanismo della risata senza mai prendersi sul serio, credendo apparentemente in ogni azione tanto da rendere verosimile, per un attimo, anche la più ridicola.

Diktat | Sandrine Juglair

di Irene Buselli

La prima peculiarità di Diktat è senza dubbio quella di cominciare prima dell'inizio: mentre la sala è ancora illuminata, una giovane donna si sporge dal palco e - senza nascondere un certo imbarazzo - chiede al pubblico di fare silenzio. Ringrazia la platea e il teatro che la ospita con poche parole in un italiano impacciato, si accomoda su una delle tante sedie disposte sul palco e attende che inizi lo spettacolo. Solo quando, apparentemente preda dell'impazienza, inizia a spostare gli oggetti scenici inciampandovi in modo sempre più volutamente goffo, gli spettatori capiscono di essere stati parzialmente ingannati: la donna che si muove sulla scena con quell'impaccio perfettamente calcolato sarà l'unica interprete della serata, Sandrine Juglair, totalmente padrona dei suoi movimenti e consapevole del senso del ridicolo che provocano le sue cadute maldestre. Passando agevolmente dalla clownerie all'acrobatica, l'attrice inserisce all'interno della farsa alcune figure al palo cinese, scoprendo gradualmente il suo corpo che, nascosto inizialmente da vestiti prettamente femminili e scarpette col tacco, si mostra in tutta la sua forza e la sua muscolatura al limite dell'androgino.

Sandrine Juglair invita gli spettatori a guardarla, a comprendere la sua difficoltà nel coniugare potenza fisica e grazia, interiorità ed esteriorità, la sua timidezza e la contemporanea necessità di mostrarsi a un pubblico per poter esistere come artista: questa l'essenza del diktat, la condizione tassativa che le permette di essere solo in presenza dello spettatore. La riflessione su quest'imposizione raggiunge l'apice quando Sandrine spalanca il falso sipario retrostante il palco, ricevendo gli applausi di un pubblico immaginario al di là della scena; allo spettatore viene quindi concesso di vedere l’attrice dietro le quinte di un altro spettacolo, intimidita, quasi spaventata dagli occhi e dal giudizio del pubblico che la acclama. Sfiorando gli estremi del ridicolo e del dramma, Sandrine corre inseguita da un riflettore che la riporta continuamente al centro dell'attenzione, canta, urla, si ritrae. E proprio quando sembra raggiungere l'apice del suo delirio, ricompare a lato del palco perfettamente truccata e vestita, ad annunciare che l'artista aspetterà il pubblico all'uscita della sala. Specularmente all'inizio, Diktat finisce senza una conclusione, senza inchini, nonostante gli applausi che si prolungano dalla platea nella speranza di veder ricomparire l'attrice.

Sandrine Juglair sfida il diktat, non lasciando, questa volta, che la sua esistenza sia subordinata alla durata della performance.

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