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Roberta Nuzzo

Marco Polo | Sei tu l’Oriente del mio cuore


Non capita tutti i giorni di assistere ad una prima esecuzione europea né di applaudire al termine di uno spettacolo a librettista e compositori sul palcoscenico. È quanto successo al Teatro Carlo Felice di Genova domenica 29 settembre con Marco Polo, grazie a un’intesa tra il teatro genovese e l’Opera di Guangzhou. Si tratta di una sorta di collaborazione che vede la fondazione lirico-sinfonica mettere a disposizione palcoscenico, orchestra e set, mentre alla controparte cinese spettano costumi, interpreti (ad eccezione del protagonista Marco Polo) e allestimento.

Dalla durata di quasi tre ore, Marco Polo è un’opera lirica cantata in cinese, divisa in tre atti, un prologo e un epilogo, messa in musica dal compositore tedesco Enjott Schneider con alcune arie composte da Shaosheng Li e su libretto di Jin Wei. Commissionata dal Governo della Repubblica Popolare Cinese, essa nasce per celebrare la “Nuova via della seta”, annunciata dal presidente Xi Jinping nel 2013. Se si esclude una versione ridotta dell’opera in forma di concerto al Teatro Dal Verme di Milano, fino a oggi è stata rappresentata in forma scenica solo in Cina, nel 2018, all’Opera House di Guangzhou.

Il sipario si apre sulle prigioni di Palazzo San Giorgio di Genova, dove è stato rinchiuso Marco Polo al termine della battaglia di Curzola tra la Repubblica genovese e quella veneziana. Ed è proprio lì che comincia a dettare allo scrittore Rustichello da Pisa il racconto dei suoi viaggi in Oriente sulla via della seta, così come lo leggeremo ne Il Milione (1298). A quel punto, come in un film, si crea il pretesto per un flashback e il pubblico può assistere direttamente alle complicate vicende, ricche di tensioni politiche e culturali per tutti e tre gli atti successivi. Ad oliare questo ingranaggio complesso, Jin Wei immagina la storia d’amore tra Marco Polo e Chaun Yun, un’assassina della dinastia Song che incontra durante il difficile viaggio d’affari in cui l’ambasciatore veneziano deve consegnare a Kublai Khan un messaggio segreto del Papa.

La regia di Jingfu Shi è grandiosa e volutamente celebrativa, proprio come ci si aspetterebbe da un grand-opéra moderno e cinematografico. Al tempo stesso è molto funzionale. Buona parte delle scene viene ambientata sopra una grande scalinata che si sdoppia formando quasi un cerchio per ricongiungersi solo in fondo. Se ruotata di 90 gradi, essa diventa un muro esterno di pietra con un grande portone rosso e un balcone con l’edera, ottimo set per girare la scena in giardino dell’incontro tra Marco Polo e Chaun Yun, oppure, aggiungendo qualche tavolo, per raccontare la scena del tè. A rendere ancora più elettrizzante questa rappresentazione, c’è l’intervento di un coro, quello del Carlo Felice preparato da Francesco Aliberti, sempre all’altezza (nonostante l’incarico di cantare in cinese sia stato davvero arduo) e un corpo di ballo splendido e suggestivo guidato dalle coreografie di Hongxia Yan e Luisa Baldinetti.

I costumi di Emma Ryott permettevano di immergerci in un ambiente veritiero e magnifico. Visivamente appagante la scena delle ballerine che all’inizio del primo atto venivano chiamate in scena per festeggiare le nozze di un principe cinese con la sua consorte, sfoggiando veli e costumi coloratissimi. O ancora degno di nota il vestito del soprano Xiaotong Cao, nel ruolo di Chaun Yun, verde come la primavera che andava cantando con una mezza voce cristallina, in memoria della sua tanto amata patria Cambulac. Ad arricchire le scene, grazie al lavoro di Luke Halls, su alcuni pannelli semitrasparenti venivano proiettati video di disegni e pagine di scritti, tratte da Il Milione, che aiutavano a descrivere quello che la musica stava dicendo.

Infatti l’orchestrazione potente e fortissima raccontava in prima persona la storia, avvalendosi delle voci solo laddove serviva qualcosa in più che il puro suono non riusciva a spiegare. Esse infatti erano al servizio dell’orchestra e, non viceversa, come buona parte della storia del melodramma ci ha insegnato a pensare. Difficile quindi a volte per i cantanti superare la musica. Tutto questo, però, se pensato nell’ottica di una nuova evoluzione musicale dell’opera non dava fastidio.

Come esempio di narrazione orchestrale e di ottimizzazione di una regia intelligente, proverò a raccontare la meravigliosa scena di guerra in cui Marco Polo, silenzioso, è in ginocchio sul palco vuoto. Si sta struggendo perché i suoi tentativi di impedire questo feroce scontro sono stati vani. Dietro di lui solo i pannelli bianchi su cui vengono disegnate con una proiezione le barche che si attaccano, aggiungendo qua e là macchie di colore rosso fino a riempire l’intero schermo di sangue. Il colore dietro a Marco Polo, protagonista di tutta la scena visiva, grazie ad un gioco di luci di inspiegabile sapienza, arriva a macchiare la figura di Marco Polo, quasi a renderlo complice della tragedia. Questo, quello che vediamo. A raccontare la disperazione e la morte, invece, è la musica: ricchissima e coinvolgente. Il compositore Shneider è stato definito un nuovo Wagner e se ne capisce il perché. Curioso l’uso di strumenti musicali orientali, inusuali per il nostro modo di intendere il teatro. Inoltre, a rendere ancora più chiaro il racconto, si ricorreva spesso a “rumori”, come per esempio un fruscio leggero ma efficace quando si voleva dare l’idea del vento sui monti innevati di Cambulac.

Ottimo il lavoro del direttore d’orchestra cinese Muhai Tang, di fama mondiale e vincitore di molti premi, che ha saputo istruire al meglio la già preparata orchestra del Carlo Felice. Le luci curate da Bruno Poet hanno contribuito a creare un ambiente suggestivo, fin dalla prima scena della prigione.

Un giusto successo alla fine quello tributatogli da un pubblico che, per l’importanza dell’evento, non era solo genovese. Speriamo che questo sia solo l’inizio di una collaborazione fruttuosa non solo per il teatro, ma anche per noi.

Elementi di pregio: regia intelligente e musica coinvolgente.

Limiti: l’eccessiva durata del terzo atto.

Visto al Teatro Carlo Felice domenica 29 settembre 2019.

Direttore d’orchestra: Muhai TangRegia: Jingfu Shi

Video e scene: Luke Halls

Luci: Bruno Poet

Costumi: Emma Ryott

Coreografie: Hongxia Yan, Luisa Baldinetti

Marco Polo: Giuseppe Talamo

Chuan Yun: Xiaotong Cao

Wen Tianxiang: Yunpeng Wang

Liu Niang: Ying Liu

Kublai Khan: Haojiang Tian

Jia Sidao/Sully/Boatman: Kejia Xiong

Niccolò Polo/Warden: Enrico Rinaldo

Maffeo Polo/Rustichello: Davide Bartolucci

Arghun/Jingim: Xu Shuai

Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice Maestro del coro: Francesco Aliberti

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