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Serena Chiaramonte

Overload di Sotterraneo | La lotta degli uomini-pesce rosso


Overload|Foto di Filipe Ferreira

Con Overload, premio Ubu Spettacolo dell'anno 2018, Sotterraneo ci racconta la vita come un tentativo continuamente interrotto di tenere il filo di qualcosa di significativo. Un temporaneamente redivivo David Foster Wallace (Claudio Cirri) fa il suo ingresso sul palco poco illuminato, distogliendo la nostra attenzione dall'acquario ben in vista sulla sinistra della scena e ospitante due pesciolini di plastica. Lo scrittore si identifica attraverso una serie di indizi, caratteristiche che lo rendono per i più facilmente riconoscibile, ma che percepiamo subito come superficiali e poco significative. Wallace stesso sembra volerci aiutare a non cadere nell’illusione che tanto basti per conoscerlo, dicendo che l’iconica bandana sulla fronte più che una scelta di stile era un rimedio per la forte sudorazione. L’autore americano insegue il senso della propria esistenza e cerca di raccontarcela, nonostante gli interventi esterni agiti in scena che interrompono la sua narrazione, solo apparentemente casuali, in realtà rimandi agli scritti e alla vita di Wallace. L’attivazione di tali “contenuti nascosti” silenzia momentaneamente il discorso dello scrittore, eppure, quando torniamo a sentirne la voce, abbiamo l'impressione di non aver perso niente di indispensabile alla comprensione. 


Overload|Foto di Filipe Ferreira

Il problema non sembra infatti provenire solo dall'esterno, dove sul palco come nella vita si moltiplicano e si susseguono velocissimi, per lo più senza alcuna soluzione di continuità tematica, gli stimoli. Una parte significativa di questi arriva ormai dai vari schermi che accompagnano le nostre giornate e sono proprio le modalità dei dispositivi tecnologici e dei contenuti multimediali che Sotterraneo riproduce, ma dal vivo, grazie agli altri attori della compagnia (Sara Bonaventura, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini), estremamente precisi nell’esecuzione delle azioni che portano disordine sulla scena, che si tratti di uno scambio al cardiopalmo di una pallina invisibile tra due tenniste o del volo di corpi scaraventati a terra da un urto dietro le quinte che è difficile credere non sia davvero avvenuto. Nemmeno nella propria mente sembra possibile sfuggire al flusso costante di pensieri da elaborare, come se anch'essa fosse un feed costantemente assediato da sempre nuovi contenuti. Wallace stesso infatti appare in difficoltà nel tenere il filo della propria esistenza. Si distrae, si perde in parentesi non necessarie, che lo allontanano da quel che vorrebbe dirci davvero. Sembra essere lui stesso vittima del destino dei due pesci del celebre discorso Questa è l'acqua, da lui tenuto alla cerimonia di laurea del Kanyon college nel 2005, ovvero quello di rimanere irretiti dalla propria mente, incapaci di ribellarsi all'inseguimento indolente di tanti piccoli pezzetti di realtà, quelli più a portata di mano o di pensiero.


Overload|Foto di Alex Brenner

Solo nel dolore sembra esservi uno spiraglio di contatto con qualcosa di significativo. Come se il dolore potesse rallentare momentaneamente il moto della giostra che ci costringe a cambiare continuamente l'oggetto della nostra attenzione. Forse abbiamo bisogno del dolore, ci dice Cirri/Wallace. Forse accettare e accogliere il dolore può essere un antidoto al destino di uomini-pesce rosso – di cui Sotterraneo ci presenta un simpatico esemplare in carne e squame –, ibrido volto a far fronte a due problemi per la specie umana, l'innalzamento delle acque sulla Terra e l'abbassamento della soglia di attenzione dell'essere umano. Come se l'oblio frequente e ciclico potesse essere la soluzione al sentimento costante di star perdendo qualcosa, qualcosa di importante.

Una sfida ancora più grande però è forse rappresentata dal saper trovare un flessibile equilibrio tra queste due condizioni. L'assedio continuo alla nostra attenzione rischia infatti di provocare un'assuefazione tale da non farci percepire più neppure fastidio per il fatto che nemmeno mentre moriamo – ci suggerisce Sotterraneo con una sorta di prezioso piccolo spettacolo di mimo nello spettacolo – riusciamo a vivere pienamente, perché il cervello anche allora non potrà esimersi dal captare varie insignificanti informazioni che ci distoglieranno dal pensiero della fine della nostra vita. Il pericolo più grande dell'immergersi in qualcosa che si è scelto come davvero significativo è invece quello di non riuscire a tornare in superficie. Wallace non ci è riuscito. 

«È esattamente di questo che vorrei parlarvi stasera. Vorrei parlarvi della possibilità di una vita reale nell'epoca della saturazione delle informazioni. O, più semplicemente, vorrei raccontarvi di una mia giornata di settembre di qualche anno fa».

Questo del resto l'autore dice al pubblico quasi all’inizio dello spettacolo. La giornata di cui parla è il 12 settembre del 2008, il giorno del suicidio dello scrittore e il racconto a cui assistiamo durante lo spettacolo è a mio avviso quello della sua lotta per guadagnare un'esistenza reale, senza lasciarsi da essa risucchiare.


Overload|Foto di Alessandro Sala

Overload con l'ipertesto opera di Daniele Villa, abile nel dosare leggerezza e affondi, mette forzatamente lo spettatore di fronte a questo conflitto, glielo fa vivere ripetutamente in poco più di un'ora e alla fine dello spettacolo ci si sente disorientati, stanchi e svuotati dal tentativo di accogliere ogni stimolo, per non perdersi niente, mentre sentiamo che varrebbe la pena ascoltare le parole di Wallace senza interruzioni, dedicando loro tutto il tempo necessario, persino a costo di annoiarsi un po', se serve.

La percezione di quel sovraccarico di informazioni è stata molto presente anche nei giorni seguenti lo spettacolo. Ho rovesciato sul tavolo tutto quello che avevo incamerato e l'ho lasciato sedimentare. Ho aspettato di capire quello che mi aveva davvero ferito, quello che in qualche modo si era incastrato nella pelle e che, passato lo stordimento dell'accumulo di immagini e parole, forse sarebbe rimasto. Mi è capitato poi di rivedere, nella settimana successiva alla visione di Overload, La grande bellezza di Sorrentino e nelle parole finali di Jep Gambardella ho sentito risuonare quel che anche Wallace mi sembra aver cercato disperatamente tra il caos incessante dell'esistenza: 


«Finisce sempre così, con la morte. Prima però c'è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla... È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l'emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile, tutto sepolto dalla coperta dell'imbarazzo dello stare al mondo, bla bla bla bla bla...». 


Mi è sembrato che in esse venisse presentato lo stesso bivio di fronte al quale Overload pone i suoi spettatori. La scelta è quella tra lasciarsi andare all'assuefazione al continuo fluire di informazioni, incontri, sentimenti a cui la vita ci sottopone e alla rassegnazione a non lasciare che niente ci trattenga oppure, almeno di tanto in tanto, decidere di rinunciare a molte cose per guardarne una con un po' di intensità, persino a costo di lasciarsi da essa ferire, per poterla magari ricordare.


Visto il 20 ottobre 2024 al Teatro Cantiere Florida di Firenze


concept e regia Sotterraneo

in scena Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini 

scrittura Daniele Villa

luci Marco Santambrogio

costumi Laura Dondoli

sound design Mattia Tuliozi

props Francesco Silei

grafiche Isabella Ahmadzadeh

produzione Sotterraneo

coproduzione Teatro Nacional D. Maria II nell’ambito di APAP - Performing Europe 2020, Programma Europa Creativa dell’Unione Europea 

contributo Centrale Fies_art work space, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG

sostegno Comune di Firenze, Regione Toscana, MiBAC, Funder 35, Sillumina – copia privata per i giovani, per la cultura

residenze artistiche Associazione Teatrale Pistoiese, Tram – Attodue, Teatro Metastasio di Prato, Centrale Fies_art work space, Dialoghi – Residenze delle arti performative a Villa Manin, La Corte Ospitale – progetto residenziale 2017, Teatro Studio/Teatro della Toscana, Teatro Cantiere Florida/Multiresidenza FLOW


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oca, oche, critica teatrale
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