L’uomo è curioso per natura e gli viene spontaneo porsi delle domande nell’indagare l’ambiente circostante. “Chi? Cosa? Come? Quando? Perché?” sono solo alcuni dei quesiti che affollano i suoi pensieri. E quante volte, in un angolo della mente, sbuca quel fatidico “e se?”, che apre la via a divagazioni ipotetiche e alternative, inaugurando una linea di discussione parallela a quanto si è già consolidato – o si deve ancora avverare – sul piano della realtà.
Tomorrow’s Parties è uno spettacolo di Tim Etchells all’insegna del cosiddetto what if: si presenta, infatti, come una carrellata di scenari più o meno verosimili a cui la razza umana potrebbe assistere con il passare dei secoli, passando dalla politica, alla teoria gender, all’ecologia, alla società, alla critica di costume. Portato in scena per la prima volta nel 2011, Tomorrow’s Parties rinasce, più di dieci anni dopo, tradotto e riallestito da ALDES e Forced Entertainment per il pubblico italiano.
Sulla scena piuttosto spoglia diventa centrale la presenza umana incarnata dai due attori (Marco Cavalcoli e Caterina Simonelli), che prendono posto sulla pedana di fortuna rappresentata da due pallet impilati al centro del palcoscenico sopra cui pendono fili di lampadine colorate, che ricordano un’atmosfera da fine della fiera. L’uomo e la donna non si articolano come veri e propri personaggi, con una loro storia o una fisionomia psicologica precisa: sono semplicemente due voci corporee che sembrano conversare tra loro, l’una continuando il discorso dell’altra.
C’è qualcosa di straniante nel loro scambio dialogico, che forse dipende dall’ambientazione, così distante dalla comoda intimità di un salotto dove due amici potrebbero dibattere di un probabile futuro sorseggiando una tazza di tè. Piuttosto, sembra di assistere a una elucubrazione mentale che, grazie ai corpi degli attori, viene proiettata in maniera tangibile sul palcoscenico. Come ogni flusso di coscienza che si rispetti, il discorso ha un ritmo variabile, che rallenta o accelera a seconda della foga che si ha nell’esaurire l’argomento. I due non parlano l’uno sopra l’altro, i loro occhi non si incrociano mai: il loro sguardo resta fisso in avanti, indefesso, oltre le teste del pubblico, perso a osservare un futuro che ancora non c’è, e che pure, evocato, sembra così concreto e attuabile.
Si procede così sotto una grandinata di immagini che, prima gentilmente, poi in maniera sempre più irruenta, picchiettano sul cranio dello spettatore, fino a ubriacarlo di parole, di opzioni, di timori infondati e vane speranze.
Le luci si abbassano gradualmente: anche il sole sta tramontando, abbandonando lo spazio desolato lasciato dalle bancarelle ormai smontate e dalle giostre riposte nei capannoni. Solo i due attori continuano ad animare la scena, mentre le loro voci si rincorrono, e le ipotesi si susseguono sempre più assurde, fino a quando “alla fine, le persone non vivranno che poco più di un’ora”.
È con il termine “ora” che i riflettori si spengono, facendo piombare la sala nel buio: “ora”, come la durata effettiva della pièce teatrale; “ora”, come ciò su cui dovremmo focalizzarci per realizzare un futuro che rifugga dalle possibilità distopiche che ci sono state presentate e il cui corso degli eventi si focalizzi sul miglior esito auspicabile. In fondo, ora dopo ora, “il domani è già qui”, avrebbe detto Jovanotti in altri luoghi e tempi: sostituita la patina utopistica in una più emergenziale, questo è il senso ultimo dello spettacolo di Tim Etchells.
Tomorrow’s Parties è, infatti, un posato promemoria, che ci mostra, alla fine della festa, soli con gli esiti delle scelte che abbiamo fatto.
Pregi: la presenza magnetica degli attori compensa il minimalismo della scenografia.
Limiti: l’andamento tende a risultare un po’ monotono, a lungo andare. La sensazione è quella di essere sommersi da un fiume di parole il cui il senso si perde mano a mano che vi ci si addentra.
Crediti (visto al Teatro della Tosse, sala Campana, il 24 aprile 2024)
uno spettacolo di FORCED ENTERTAINMENT
regia Tim Etchells
interpreti Marco Cavalcoli e Caterina Simonelli
cura della versione italiana Robin Arthur
traduzione Roberto Castello
scenografia Richard Lowdon
realizzazione scenografia Teatro del Giglio
disegno luci Francis Stevenson
responsabile tecnico Leonardo Badalassi
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