Non come al cinema, risponderei al verso dell’emblematica canzone del Gruppo Italiano a cui si deve il titolo dello spettacolo. Piuttosto come a teatro, quel teatro capace di prenderti per mano e investirti di emozioni, con il sudore e la saliva e i corpi vivi di chi brucia sulla scena, qui e ora, senza la mediazione opaca di uno schermo. Tropicana, scritto dalla genovese d'adozione Irene Lamponi e diretto dal regista Andrea Collavino, ci investe con la sua energia lavica, incandescente come i quattro personaggi che vediamo interagire sul palco e il cui luogo di trasmissione più appropriato è, per l'appunto, la scena.
Il personaggio della madre abbandonata dal marito e afflitta da inguaribili paure e fissazioni psicologiche è affidato all'interpretazione impeccabile di Elena Callegari, che nella sua candida uniforme da Tai Chi, affusolata, regale e incisiva offre il ritratto di una donna alle soglie dell'anzianità, esilarante e adorabile nel suo essere svanita, caparbia nel dolore quanto lo è nel rifiuto della realtà della sua vita. La riuscita drammaturgica nella costruzione di Lucia sta in questo raffinato benché estremamente esplicito equilibrio degli opposti, dispiegato anche ad un livello visivo: la luminosità del suo vestire bianco ha qualcosa di taciturno - lei che taciturna non è - e di simile allo sbandieramento di una resa, la concretizzazione di un eternal sunshine of the spotless mind che si accompagna però all'immagine del minaccioso spegnersi di una nana bianca, pronta ad esplodere nella sua imperscrutabile luminosità. È una madre divorata dalla bocca nera della depressione: il sodalizio perfetto tra questi elementi crea una tensione armoniosa che rende il personaggio avvincente, irresistibile, esercitando sul pubblico quell'effetto calamita a cui cercherà di sottrarsi la figlia.
Dall'ingranaggio tragicomico della drammaturgia emerge il personaggio di Meda, la vicina di casa che dietro la volgarità di un modo di esprimersi scurrile e rabbioso nasconde un'adulta lucidamente delusa, consapevole dei propri limiti e fallimenti. E' tuttavia impossibile non ridere e non empatizzare con i suoi fragorosi interventi verbali, che suonano audaci e catartici ad un pubblico totalmente elettrizzato dal carisma esplosivo di Cristina Cavalli. Invece Nina, l'adolescente protagonista interpretata dalla sceneggiatrice stessa, è l'ago della bilancia, diga ed esondazione al tempo stesso, il cui pulsare emotivo detta i ritmi della storia. Prima porto rassicurante per le ansie materne e dopo vendicativa Elettra contro le ossa amate, le stesse ossa fragili che reclamando cura impediscono il volo e il distacco necessario ad uno sguardo di figlia per farsi altro. In questa presa di consapevolezza violenta e contraddittoria, divisa tra la compassione e il furore di chi sta prendendo forma contro tutto e contro tutti, Nina viene accompagnata da Leonardo, il primo amore incarnato da un ragazzo pieno di gentilezza ed equilibrio, incarnazione di quel mare capace di abbracciare la furia del vulcano che si risveglia e aggredisce tutto ciò che ha intorno. Marco Rizzo è ipnotico nel rivestire morbidamente i panni del personaggio più positivo e amorevole dello spettacolo, pronto a tamponare ciò che si ferisce e sanguina.
Non c’è lieto fine per tutti nella vita e così è anche per Tropicana: questo ritratto dichiaratamente fumettistico, diluito con pennellate di sogno (anche grazie alle scene oniriche di Ruben Esposito) e personaggi quasi archetipici nei loro vividi eccessi, ben rispecchia il gioco tra noi e la vita, con i suoi perché lasciati senza risposta, con i suoi vuoti che non vengono riempiti, con le sue contraddizioni che non vengono risolte. Eppure, con loro, riusciamo a ricordarci di quel gusto che si ha nel continuare ad essere, e ad essere noi, seppure avviliti nel fallimento o intrappolati in una trama che vorremmo riscrivere. Ci ricorda che dopo il fuoco, le ceneri, il mondo che crolla, c'è pur sempre il mare. E quel mare lo sogniamo con Nina, anche noi, in questa sua ultima immagine; in lui ci lanciamo, spiccati dal vento, ancora e ancora.
Elementi di pregio: Attori in stato di grazia, messa in scena che si mantiene in un equilibrio sempre avvincente tra commedia e dramma.
Limiti: Per gli spettatori seduti in prima fila la disposizione scenica e la relativa tensione risultavano decisamente infiacchiti, dal momento che vi era un ampio uso del proscenio. Il disegno complessivo purtroppo è andato perso.
Visto il 26 Gennaio presso sala Campana, Teatro della Tosse.
Interpreti: Elena Callegari, Cristina Cavalli, Irene Lamponi, Marco Rizzo.
Regia: Andrea Collavino
Produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse.
Creazione drammaturgica realizzata con il sostegno di “CRISI - Teatro Valle Occupato”.
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