Premessa:
Il seguente articolo non ha l’ambizione di essere una recensione critica quanto una testimonianza da dentro lo spettacolo. Nella sua impossibile oggettività il suo scopo è quello di valorizzare, attraverso la sua analisi, un’esperienza teatrale specifica per ricondurla a una riflessione generale sulla scena.
Baistrocchi come Carnevale
Di fronte alla costante ricerca artistica sul perché fare teatro e agli interrogativi incessanti sulla sua necessità nell’epoca dei mezzi di comunicazione di massa, la Compagnia Goliardica Mario Baistrocchi, la realtà teatrale più antica d’Italia ancora in attività, si scopre indissolubilmente legata alla sua storia, al suo bisogno biologico di rimanere un evento culturale soprattutto genovese.
W la Bai! ha tutte le prerogative per essere un festoso carnevale cittadino: nel gioco delle parti si assiste a un frequente cambio di genere e ruolo sociale, in un mascheramento continuo da uomo a donna, da politico a freak. Sfruttando la celebre figura comica dell’ “inversione” la compagnia coltiva l’ambizione di essere laboratorio di sregolatezza ed eccesso, ponendo ogni volta spettatore e attore di fronte all’esibizione del diverso. Ne deriva un rapporto originalissimo fra realtà locale e freak show che misura la sua capacità di suscitare risate attraverso l’alternanza di immedesimazione e straniamento.
Coerenza e Relazione
Come funziona W la Bai! ? È evidente che la ricerca di verosimiglianza non costituisca un punto di particolare interesse: sul realismo invertito di situazioni e personaggi prevale piuttosto un principio di coerenza degli stessi. Il mondo creato infatti diventa sempre squisitamente autoreferenziale ma mai chiuso: la recitazione, rigorosamente antinaturalistica e “di tre quarti ” non può escludere la relazione con lo spettatore, spesso interpellato, chiamato sul palco e messo a dis-agio.
Questa combinazione produce due interessanti conseguenze: da un lato, quello dell’attore, la riduzione del testo a canovaccio con margini di libertà e improvvisazione variabili a seconda del pubblico del giorno; dall’altro, quello dello spettatore, la percezione ampiamente voluta dalla compagnia di una comunità coerente, che non fatica a essere pensata anche fuori dalla scena. Attori e ballerini infatti non si esibiscono soltanto nel loro carnevale annuale ma accolgono e dialogano con il pubblico in sala, anticipando prima del suo inizio la natura “en travesti” di uno spettacolo già iniziato. Sempre tornando alla dimensione tradizionale dell’evento va notato come, a tutti gli effetti, l’accoglienza in sala sia la prima fase di un processo che mira a precipitare lo spettatore nel Mondo Bai per farlo sentire quasi a casa e poi stupirlo. La fruizione è diretta, immediata: nei teatri che ospitano la Bai c’è sempre un bar e consumare non è tabù.
Lo Spettacolo tra Persistenza e Variazione
Pastiche di generi Restringendo sempre più il campo si potrebbe affermare che W la Bai! abbia una duplice natura: una museale, attenta alla preservazione dei generi tradizionali del passato e del dialetto, in particolar modo della rivista e della commedia goviana, e una attuale, portata avanti attraverso il genere della satira e del cabaret italiano. Il gioco tra persistenza e variazione diventa così figlio di un pastiche linguistico che fonde generi diversi di epoche diverse: un interessantissimo esempio teatrale di evoluzione per stratificazione.
Ricerca del Nuovo: Esempi sul Campo Per entrare nel concreto di quanto già affermato può essere significativo ora citare alcune meccaniche di persistenza e variazione presenti concretamente in Viva la Bai. È opportuno evidenziare innanzitutto che, come spesso avviene nel teatro di rivista, la struttura dello spettacolo è non-lineare. Alla narrazione univoca si sostituisce una cornice, un contenitore plastico con alcune costanti: lo sketch genovese, ispirato alla commedia goviana, il balletto classico e il can can. Prendiamo ora per riferimento due dei tre “must” della Bai. Nel Genovese, tradizionalmente ambientato in casa della tipica famiglia borghese, si può scoprire subito come le vicende di Bacci, Gemma e della figlioletta siano state sradicate dal loro contesto originario solo recentemente per essere portate, come quest’anno, “in palestra a fare lezione di pilates” ; gli stessi ruoli fissi di marito, moglie e figlia acquistano così più variabilità, rimanendo sempre gli stessi ma anche “altri” rispetto agli anni passati – basti pensare che il nome della figlia cambia di anno in anno in funzione dello sketch. Il balletto classico d’altra parte si rivela ancora più malleabile perché sfrutta la rottura dei codici per innescare la risata: il gioco della parodia su corpi non educati al balletto – spesso neanche alla danza – è pressoché infinito. La drammaturgia di W la Bai! ad esempio mette in scena la congiura di un gruppo di ballerine invidiose ai danni di un incredulo Roberto Bolle. Privato di un braccio durante la fuga il danzatore sarà salvato in extremis e vendicato dal compagno Marco Mengoni, vestito da principe azzurro
Conclusione: Semel in Anno Licet Insanire
Uno degli elementi più interessanti della Baistrocchi e dei suoi spettacoli è il conflitto fra la tradizione cittadina che costituisce e la sua originaria vocazione sovversiva. Le già citate idee originarie di esibizione del freak, di inversione extra quotidiana e di scandalo sembrano infatti cozzare duramente contro l’istituzionalizzazione di cui ogni stabile tradizione culturale si nutre. In questo caso, come nelle feste dei folli medievali, l’equilibrio si fonda sul principio: “Semel in anno licet insanire”. Vale a dire, generalmente parlando, che è il contesto a dare un senso alla festa, la quale a sua volta è tale proprio perché si celebra in un momento specifico. La Bai vive dunque di un rapporto di stretta dipendenza da Genova, tanto da poter affermare che i rapporti già citati fra permanenza e variazione negli spettacoli sono un’inevitabile quanto interessante reazione ad eventi socio-culturali e a mutamenti - o stasi – ben più grandi. È in questo modo che una realtà teatrale può diventare specchio di una realtà storica e innescare riflessioni di lunga durata sull’ambiente culturale che ci circonda.
Compagnia Goliardica M. Baistrocchi di Edoardo Quistelli,
regia Edoardo Quistelli, Paolo Drago, Christian Venzano
Coreografia Ivan Raso, Osvaldo Olivari, Andrea Miradello
I Commedianti
Edoardo Quistelli
Paolo Drago
Christian Venzano
Federico Pedriali
Maurizio Bonanno
Scandar Ayed
Francesco Dadino Pittaluga
Andrea Murgia
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Osvaldo Olivari
Enrico Salerno
Matteo Delfino
Stefano Fedoro Manzini
Giovanni Izetta
Davide Casalino
Francesco Martignone
Costumi e attrezzeria Francesco Dadino Pittaluga
Audio e luci Medi Service
Trucco Valentina Raso
Sartoria e costumista Angela Siviero
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